IL SETTIMO SIGILLO

Regia: Ingmar Bergman

Cast: Max von Sydow (Antonius), Gunnar Bjornstrand (Jöns), Nils Poppe (Jof), Bibi Andersson (Mia), Bengt Ekerot (Morte)

Trama: La storia di Antonius Block, nobile cavaliere crociato che, di ritorno a casa dalla Terra Santa, trova ad attenderlo un ospite particolare: è la Morte, giunta lì per svolgere il suo compito, e cioè "mieterlo". Antonius vorrebbe impugnare una simbolica spada per combattere nella propria anima il dubbio atroce sul senso della vita umana e sull'esistenza di Dio. Il cavaliere propone così alla Morte, allettandola, una partita a scacchi: se la Morte vincerà lui accetterà il proprio destino. La partita, quindi, va in scena, una mossa dopo l'altra, durante l'ultimo tratto verso casa.

Trascrizione a cura di http://neurone.altervista.org

 

 


NARRATORE: Quando l'agnello aperse il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz'ora e vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio e furono loro date sette trombe.
ANTONIUS BLOCK: Chi sei tu?
MORTE: Sono la Morte.
ANTONIUS: Sei venuta a prendermi?
MORTE: È già da molto che ti cammino a fianco.
ANTONIUS: Me n'ero accorto.
MORTE: Sei pronto?
ANTONIUS: Il mio spirito lo è. Non il mio corpo. Dammi ancora del tempo!
MORTE: Tutti lo vorrebbero... Ma non concedo tregua.
ANTONIUS: Tu giochi a scacchi, non è vero?
MORTE: Come lo sai?
ANTONIUS: Lo so. L'ho visto nei quadri. Lo dicono le leggende.
MORTE: Sì, anche questo è vero, come è vero che non ho mai perduto un gioco.
ANTONIUS: Forse anche la Morte può commettere un errore.
MORTE: Per quale ragione vuoi sfidarmi?
ANTONIUS: Te lo dirò se accetti.
MORTE: Avanti, allora.
ANTONIUS: Perché voglio sapere fino a che punto saprò resisterti... e se dando scacco alla Morte, avrò salva la vita. Ti tocca il nero.
MORTE: Si addice alla Morte, non credi?


JÖNS: È stanco il cavaliere, è stanco lo scudiero / ma il cavaliere è fiero e ammetterlo non può / Ei sogna di pranzare, di bere e poi dormire / però non lo vuol dire o forse non lo può... A Fargestaad non facevano che parlare di orribili portenti. Due cavalli si son divorati l'un l'altro e nella notte le tombe si sono aperte. Le ossa dei sepolti sono state sparse ovunque e al tramonto si son visti quattro soli nel cielo. Scusate, c'è una locanda qua attorno?
ANTONIUS: Hai saputo qualcosa?
JÖNS: Molto poco...
ANTONIUS: Che ti ha detto?
JÖNS: Non ha parlato.
ANTONIUS: Era muto?
J�NS: No, signore. Non esattamente... Anzi direi che a modo suo era estremamente eloquente.
ANTONIUS: Davvero?
JÖNS: Certo. Senz'altro. Ma di un eloquenza piuttosto funebre... mi sono spiegato?


JOF: Buongiorno, bello! Tu l'hai già fatta la colazione, eh? Il guaio è che io non riesco a mangiare l'erba... Perché non me lo insegni? Sarebbe molto comodo di questi tempi, visto che la gente, qui, non ama troppo l'arte... Mia! Svegliati! Svegliati, presto! Devo dirti quello che ho visto, svegliati!
MIA: Che c'è? Cos'è accaduto?
JOF: Sta' a sentire! Ho avuto una visione. Che poi non era una visione. Era proprio come una cosa vera! Te l'assicuro.
MIA: Ti prego, non ricominciare...
JOF: Comunque, io l'ho vista.
MIA: Chi? Chi hai visto?
JOF: La santa vergine Maria.
MIA: Dici davvero?
JOF: Era così vicina che avrei potuto toccarla. Aveva sul capo una corona d'oro e una veste azzurra trapunta di fiori. Sai, camminava sull'erba a piedi nudi e con le sue piccole mani bianche sorreggeva dolcemente il bambino a cui insegnava a camminare. Si accorse che l'avevo vista, e allora mi sorrise. Le lacrime mi annebbiarono gli occhi e quando ci rividi chiaramente, era scomparsa. E un grande silenzio era tutto intorno... immenso... su nel cielo, e in terra. Un grande silenzio.
MIA: Ma guarda le cose che sai inventare...
JOF: Lo sapevo che non mi avresti creduto. Eppure è la verità che ti ho detto. Ma non la verità che dico tutti i giorni. Un'altra verità, capisci? Più vera.
MIA: La stessa di quando mi raccontasti che il diavolo, usando la coda come pennello, aveva dipinto di rosso le ruote del nostro carro.
JOF: Oh... Tu non fai che tirare fuori questa storia...
MIA: E poi scoprimmo che t'era rimasto del colore sotto le unghie...
JOF: Ma è stata l'unica volta che ho inventato qualcosa. Lo feci perché speravo che avreste creduto anche a tutto il resto, alle cose vere che sognavo!
MIA: Tu devi andarci cauto con queste storie, o la gente finirà per dire che sei pazzo. E non è vero. Almeno per il momento. Anche se in queste cose non si può mai essere sicuri.
JOF: Ma insomma, cosa ci posso fare? Non è colpa mia se delle voci mi parlano, se mi appare la Santa Vergine, e se gli angeli e i diavoli ci tengono tanto alla mia compagnia!
JONAS SKAT: Oh mio Dio, si può sapere quante volte devo dirvelo che alla mattina voglio dormire in santa pace? Vi ho pregato. Vi ho scongiurato in ginocchio, ma niente da fare... Uff.
JOF: Mikael... Mikael...
MIA: Voglio che Mikael abbia un vita migliore della nostra.
JOF: Mikael diventerà un grande acrobata. Oppure un giocoliere famoso per un suo straordinario incredibile esercizio.
MIA: E cioè? Quale esercizio?
JOF: Quello di far restare ferma nell'aria una clava.
MIA: Ma è impossibile.
JOF: Sì, per noi è impossibile, ma non lo sarà per lui.
MIA: È tiepida l'aria, stamattina.
JOF: Ho fatto una canzone. L'ho composta questa notte, proprio quando la luna stava tramontando. Vuoi che te la canti?
MIA: Certamente. Sono molto ansiosa di sentirla.
JOF: C'è un usignolo su un ramo di acacia / Che canta l'estate / C'è un usignolo su un raggio di luna / Che canta il mio unico amore... Mia! Stai dormendo?
MIA: È una canzone molto bella.
JOF: Ma non è mica finita!
MIA: Sì, ho capito, ma vorrei dormire ancora un poco. Il resto me lo canti dopo.
JOF: Dormire... non fai che dormire...
SKAT: Ti pare una maschera per un attore, questa? Domando io... Non fosse che i preti pagano bene, ci rinuncerei proprio!
JOF: Farai tu la morte?
SKAT: Pensare che la gente trema di paura quando ci vede con queste stupide cose addosso...
JOF: Quando reciteremo di nuovo?
SKAT: Alla sagra di tutti i Santi a Elsinore, reciteremo sulla scalinata della chiesa. Un posto magnifico!
JOF: Ma non sarebbe meglio recitare qualcosa di più allegro? La gente si diverte di più e ci divertiamo anche noi!
SKAT: Quanto sei stupido... Non lo sai che è scoppiata un'orrenda pestilenza e che i preti si avvantaggiano delle morti improvvise e dei pentimenti dell'ultim'ora?
JOF: E io allora che parte farò?
SKAT: Tu sei un gran babbeo e quindi farai la parte dell'anima!
JOF: Una parte di cattivo, immagino...
SKAT: E con questo che vuoi dire? Chi è il capo comico, domando io? Rammenta, o sciagurato, l'eterna legge. La vita non è che un dono futile e passeggero che io posso toglierti quando voglio. Ma come posso piacere alle donne in questo stato?
JOF: Mh?
SKAT: Domando io...
MIA: Jof?
JOF: Sì? Che c'è?
MIA: Non girarti. Non dire niente.
JOF: Sono muto come una tomba.
MIA: Ti amo tanto.


JÖNS: Che cosa dipingi?
PITTORE: La danza della morte.
JÖNS: E quella è la morte?
PITTORE: Sì. Che prima o dopo danza con tutti.
JÖNS: Che argomento triste hai scelto.
PITTORE: Voglio ricordare alla gente che tutti quanti dobbiamo morire.
JÖNS: Non servirà a rallegrarla...
PITTORE: E chi ha detto che ho intenzione di rallegrare la gente? Che guardino e piangano.
JÖNS: Ah, invece di guardare chiuderanno gli occhi...
PITTORE: E io dico che li apriranno. Un teschio spesso interessa molto di più di una donna nuda.
JÖNS: Se li spaventi, però...
PITTORE: Li fai pensare...
JÖNS: E se pensano...
PITTORE: Si spaventano ancora di più.
JÖNS: ... E corrono a buttarsi in braccio ai preti!
PITTORE: Oh... Questo non mi riguarda.
JÖNS: Tu non pensi che al tuo lavoro, eh?
PITTORE: Faccio vedere come stanno le cose, e poi che ognuno decida.
JÖNS: Molti però ti copriranno di maledizioni.
PITTORE: Sicuro. E se saranno i troppi, io passerò a un argomento divertente. Devo pur vivere, fino a che non mi uccide la peste.
JÖNS: La peste... Non è piacevole, eh?
PITTORE: Ecco, guarda lì. Il collo si gonfia che sembra scoppiare. Il corpo si contrae. E gambe e braccia, dallo spasimo, si torcono come corde sulla fiamma.
JÖNS: Brutt'affare...
PITTORE: Puoi dirlo. Il male ti dilania e tu ti mordi le mani e ti laceri le vene con le unghie. E urli e urli sino a che ti rimane un po' di fiato in gola, ma nessuno più ti aiuta. T'ho messo paura?
JÖNS: Paura a me? Vuol dire che non mi conosci. E là in alto, cos'hai dipinto?
PITTORE: Molti ormai cono convinti che la pestilenza è una punizione del cielo. E così, turbe di peccatori terrorizzati si trascinano digiuni per le strade flagellando se stessi e gli altri per la gloria del Signore.
JÖNS: E si flagellano veramente?
PITTORE: Certo. Ed è uno spettacolo orribile. Uno spettacolo che ti fa venir voglia di nascondere il volto in terra per evitare di vederlo.
JÖNS: Non hai dell'acquavite? Ho bevuto acqua tutto il giorno e penso che qualcosa di più robusto mi farebbe bene.
PITTORE: Hm-hm. Lo vedi che t'ho messo paura?


ANTONIUS: Vorrei confessarmi ma non ne sono capace, perché il mio cuore è vuoto. Ed è vuoto come uno specchio che sono costretto a fissare. Mi ci vedo riflesso e provo soltanto disgusto e paura. Vi leggo indifferenza verso il prossimo, verso tutti i miei irriconoscibili simili. Vi scorgo immagini di incubo nate dai miei sogni e dalle mie fantasie.
MORTE: Non credi che sarebbe meglio morire?
ANTONIUS: È vero.
MORTE: Perché non smetti di lottare?
ANTONIUS: È l'ignoto che m'atterrisce.
MORTE: Il terrore è figlio del buio.
ANTONIUS: Che sia impossibile sapere? Ma perché? Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi? Mi ascolti?
MORTE: Certo.
ANTONIUS: Io vorrei sapere, senza fede, senza ipotesi, voglio la certezza. Voglio che Iddio mi tenda la mano e scopra il suo volto nascosto e voglio che mi parli.
MORTE: Il suo silenzio non ti parla?
ANTONIUS: Lo chiamo e lo invoco, e se Egli non risponde io penso che non esiste.
MORTE: Forse è così, forse non esiste.
ANTONIUS: Ma allora la vita non è che un vuoto senza fine. Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo nel nulla senza speranza.
MORTE: Molta gente non pensa né alla morte, né alla vanità delle cose.
ANTONIUS: Ma verrà il giorno in cui si troveranno all'estremo limite della vita.
MORTE: Sì, sull'orlo dell'abisso.
ANTONIUS: Lo so, lo so ciò che dovrebbero fare. Dovrebbero intagliare nella loro paura un'immagine alla quale dare poi il nome di Dio.
MORTE: Sei molto agitato.
ANTONIUS: Stamane è venuta da me la Morte. Abbiamo iniziato una partita a scacchi. Col tempo che guadagnerò, sistemerò una faccenda che mi sta a cuore.
MORTE: E di che si tratta?
ANTONIUS: Ho passato la vita a far la guerra, a andare a caccia, ad agitarmi, a parlare senza senno. Senza ragione. Un vuoto. E lo dico senza amarezza e senza vergognarmene, perché lo so che la vita della maggior parte della gente è tale. Ma ora voglio utilizzare il respiro che mi sarà concesso, per un'azione utile.
MORTE: Mmmh-mh Per questo hai sfidato a scacchi la Morte?
ANTONIUS: Sì. Conosce il gioco molto bene, ma fino a questo momento, io non ho perso una pedina.
MORTE: E credi davvero che alla fine riuscirai a batterla?
ANTONIUS: Adopero una tattica che evidentemente essa ignora. Al nostro prossimo incontro, porterò un attacco sul fianco.
MORTE: Lo terrò presente.
ANTONIUS: Ti stai beffando di me, ma non mi fai paura. Ne sono certo, troverò il modo di batterti.
MORTE: Ci rivedremo alla locanda, e lì continueremo la partita.
ANTONIUS: Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io... Io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte.


JÖNS: Io e il mio padrone siamo appena tornati da un lungo viaggio in terra straniera. Hai capito, imbrattamuri?
PITTORE: Ah, la crociata, eh?
JÖNS: Proprio così. Per dieci anni siamo stati laggiù lasciando che le serpi ci mordessero, le mosche ci divorassero, le fiere ci dilaniassero, gli infedeli ci accoppassero, il vino ci avvelenasse, le donne ci infettassero, le piaghe ci dissanguassero. E tutto perché? Eh? Per la gloria del Signore.
PITTORE: Per la gloria del Signore.
JÖNS: Sai, secondo me questa crociata l'ha inventata uno che poi se n'è rimasto pacifico a casa.
PITTORE & JÖNS: Ah, ah, ah, ah, ah!
JÖNS: Così è la vita, imbrattamuri!
PITTORE: Hai ragione, guerriero.
JÖNS: Eh già... In questo mondo, per quanto ti giri, la coda non riesci a tagliartela.
PITTORE: Resta sempre di dietro. Giusto. è una gran verità. Sì, una gran verità.
JÖNS: Io sono lo scudiero Jöns, che si beffa della morte e del Signore, che ride di se stesso, ma sorride alle ragazze. Ho un mondo che è soltanto mio, di cui tutti si burlano, io compreso. Un mondo senza senso e senza scopo. Ma quando come te si è indifferenti al cielo e all'inferno...


JÖNS: Cos'è quella roba puzzolente? A che serve?
CAVALIERE: Ha avuto rapporti carnali con il diavolo.
JÖNS: Per questo che è alla berlina?
CAVALIERE: Domani all'alba sarà arsa nella foresta, ma intanto noialtri dobbiamo difenderci da Satana.
JÖNS: E lo fate con quella fetida broda?
CAVALIERE: È il rimedio migliore. Sangue e bile di un cane nero. Il Maligno non può sopportarne l'odore.
JÖNS: E neanch'io...
ANTONIUS: Hai visto il diavolo?
PRETE: Non bisogna parlarle.
ANTONIUS: È così pericolosa?
PRETE: Non lo so, ma pensiamo che lei sia la causa della terribile pestilenza che ci sta decimando.


JÖNS: Una canaglia il fato / Tu vecchio e disgraziato / Oggi t'insuperbisci / Doman t'inchini e strisci...
ANTONIUS: Ma devi proprio cantare?
JÖNS: Mi diverte.


RAVAL: Perché ti meravigli tanto? Vado in giro a rubare sui cadaveri. è molto conveniente coi tempi che corrono. Se per caso hai intenzione di andare al villaggio a spifferare tutto, ti avverto che è inutile. La gente adesso non pensa che alla pelle. Il resto non la interessa. Tornerò a trovarti e allora forse staremo un po' più insieme. Ricordati di quello che ti ho detto, però.
JÖNS: Ti ho riconosciuto, anche se è passato molto tempo. Ti chiami Raval e frequentavi il collegio teologico di Roschild. Sei un doctor mirabilis, celestis e diabolicus. Non è così? Sei stato tu a convincere dieci anni fa il mio padrone che bisognava partecipare alla crociata in Terrasanta. Che c'è? Stai male? Ora capisco il senso di questi dieci anni che fino adesso consideravo sprecati. Stavamo troppo bene, eravamo troppo superbi e soddisfatti. Il Signore ha voluto punire la nostra alterigia. E così ha inviato te! Per infettare il mio padrone con il tuo veleno celestiale.
RAVAL: Ero in buona fede.
JÖNS: Ma ora ci hai ripensato, è vero? E sei diventato un ladro. Eh? Un'occupazione molto più adatta e conveniente a questo mondo per i mascalzoni e i farabutti come te. Dico bene, figliolo? Non temere, non voglio la tua pelle. Ricordati però che se ti incontro ancora ti marcherò come si marcano i furfanti del tuo genere. Ero venuto qui solo per riempire la mia borraccia. Mi chiamo Jöns. E sono un uomo piacevole e discorsivo che non ha mai avuto se non pensieri gentili e non ha mai compiuto se non azioni nobili e generose. Addio, fanciulla. Avrei potuto violentarti, ma è un genere di amore che non mi va. Troppo faticoso, tutto sommato. A proposito, io avrei bisogno di una cuoca. Che ne diresti? è vero che avevo una moglie, ma ormai spero di essere diventato vedovo. Allora, vuoi rispondere sì o no? Visto che ti ho salvato da quel vigliacco, potresti dimostrarmi anche un po' di gratitudine, no?


PUBBLICO: Quello con le corna è il marito. E bravo il gallo! Prendila, gallo! Che aspetti? Dai! Quanto ti fai pregare! Bravo... Forza! Basta col piffero! Piantala! Ma guarda che cretino. Lui suona il piffero! Ehi, gallo! Dormi? Piantatela, buffoni! Ah, ah, ah, ah!
SKAT: Siccome nel primo atto io non ho nessuna parte, concedetemi, o signori, di ritirarmi. E tu che cos'hai da ridere, idiota?


PROCESSIONE: Dies Irae, dies illa / solvet saeclum in favilla / teste David cum Sybilla / Quantus tremor est futurus / Quando judex est venturus / Cuncta stricte discussurus / Tuba, mirum spargens sonum / per sepulcra regionum / coget omnes ante thronum / Mors stupebit et natura / cum resurget creatura / judicanti responsura / Lacrimosa dies illa / qua resurget ex favilla / judicandus homo reus / Huic ergo parce, Deus
PREDICATORE: Iddio ci ha puniti e noi periremo tutti. Certo! Periremo tutti appestati! E così giustizia sarà fatta. Voi, là in fondo, che mi guardate come tanti buoi, e voi che sedete laggiù soddisfatti e ben pasciuti come porci, vi rendete conto che questa può essere la vostra ultima ora? La morte avanza. Ecco, vedo il suo teschio dalle vuote occhiaie che vi giunge alle spalle. E la sua falce che si leva e lampeggia terribile al sole. Chi di voi essa colpirà per primo? Te forse, con quello sguardo sperduto, di cui il gelo della morte sembra già essersi impadronito per spegnerlo in una disperata agonia prima di sera. O tu donna! Impudico scrigno di vita e di lussuria! Tu, che forse prima che sorga nuovamente il sole sarai ridotta a marcire. Eh! O tu ancora, ah!, che stai lì con sulla faccia quello stolido sorriso, oh, oh, oh, oh, che diverrà una tragica smorfia. Non vi rendere conto, o disgraziati, che morirete? Se non sarà oggi, sarà domani, o dopodomani! Ma morirete tutti! Perché ormai non c'è più salvezza! È la fine! Preparatevi! Avete sentito? Siete condannati! Condannati tutti!
FEDELI: O Signore, mi perdoni!
PREDICATORE: Condannati!
FEDELI: Pietà!
PREDICATORE: Signore, abbi pietà di noi, della nostra miseria e non distogliere il tuo sguardo da noi, ma abbi misericordia di noi nel nome tuo e nel nome del tuo figliuolo Gesù Cristo.
PROCESSIONE: Dies Irae, dies illa / solvet saeclum in favilla / teste David cum Sybilla / Quantus tremor est futurus / Quando judex est venturus / Cuncta stricte discussurus / Tuba, mirum spargens sonum / per sepulcra regionum / coget...
JÖNS: Accidenti a tutte quelle chiacchiere! Non siamo più bambini! Non vorranno che gli crediamo sul serio.
ANTONIUS: Hm-hm!
J�NS: Sì, vi beffate di me, signore. Ma permettetemi di dirvi che queste storie non hanno neanche una briciola di verità nella loro parole.
ANTONIUS: Già...
JÖNS: Proprio così. E anche quelle fantasticherie sul Dio Padre, gli angeli, Gesù Cristo, lo Spirito Santo... Le ho sempre ascoltate senza commuovermi troppo.
PLOG: Ehi!
JÖNS: Che cos'hai da gridare?
PLOG: Io sono il fabbro Plog e tu lo scudiero Jöns.
JÖNS: Può darsi...
PLOG: Dimmi. Hai visto mia moglie?
JÖNS: No, non l'ho vista, ma se l'avessi vista e assomigliasse a te, mi affretterei a dimenticare di averla vista.
PLOG: E quindi, non l'hai vista?
JÖNS: Sarà fuggita.
PLOG: Sai qualcosa?
JÖNS: So moltissimo. Non di tua moglie, però. Perché non vai a chiedere alla locanda?
PLOG: Ah.


I AVVENTORE: Sì, sì, è vero. Il contagio si va diffondendo su tutta la costa e i morti non si contano più. Normalmente di questa stagione si fanno grossi affari, e invece quest'anno non ho venduto neanche uno spillo.
CAMERIERA: Forse è giunta la fine del mondo. Certo che accadono cose orribili. Pare che giù al villaggio una donna abbia partorito una testa di lupo.
I AVVENTORE: La gente è come pazza. Fuggono tutti al nord trascinandosi dietro la peste.
II AVVENTORE: Se è vero quello che dicono, meglio badare solo ai propri affari e godersela fino a che si ha la forza di stare in piedi.
CAMERIERA: Molti si sono purgati con il fuoco e ne sono morti. Ma il prete dice che è molto meglio morire puri piuttosto che vivere preda di Satana.
I AVVENTORE: È la fine, ecco che cos'è. Sì, lo sappiamo tutti quanti, ma nessuno ha il coraggio di dirlo forte. È la fine del mondo e la gente non ragiona più dal terrore.
II AVVENTORE: E tu, non hai paura?
I AVVENTORE: Ho una paura del diavolo, io!
III AVVENTORE: L'ultimo giorno è ormai vicino. Gli angeli si preparano a suonare il giudizio e noi renderemo conto dei nostri peccati.
RAVAL: Lo vuoi questo braccialetto? Te lo do per poco.
JOF: Io non ho un soldo.
RAVAL: È di argento, è roba fine.
JOF: Oh, lo vedo che è bello, ma purtroppo non ho un soldo.
PLOG: Scusate, nessuno di voi signori ha visto mia moglie?
JOF: Perché? Si è perduta?
PLOG: Pare che sia fuggita.
JOF: Come? Scappata?
PLOG: Sì, con un attore.
JOF: Con un attore? Se ha avuto tanto cattivo gusto, è meglio che la lasci andare.
PLOG: Forse hai ragione, ma naturalmente il mio primo pensiero è stato di picchiarla a morte.
JOF: Anche questo è giusto. Ucciderla, insomma, se capisco bene.
PLOG: E ucciderò anche quello schifoso buffone.
JOF: Chi? L'attore?
PLOG: Sicuro. Quello con cui è scappata.
JOF: E perché mai?
PLOG: Ma dì un po'. Non capisci mai?
JOF: Oh! L'attore! Capisco! Certo! Faresti benissimo. Ce ne sono tanti di attori che anche se uno di loro non ha fatto niente dovresti ucciderlo soltanto perché è un attore.
RAVAL: Ehi tu. Perché menti in questo modo al fabbro?
JOF: Io? Ma che dici?
RAVAL: Anche tu sei un attore. E probabilmente la moglie di Plog è scappata con un tuo compagno.
PLOG: Ma davvero sei un attore anche tu?
JOF: Chi? Io un attore? Ma guarda che idea!
RAVAL: Se lo sei dovremo ucciderti. È logico, no?
JOF: Lo sai che sei strano?
RAVAL: Come sei diventato pallido, hai qualcosa da nascondere?
JOF: Senti questo. Non lo trovi strano anche tu? Va bene, non ho detto niente.
RAVAL: Forse dovremo marcarti con questo coltello, come si usa fare coi buffoni del tuo stampo.
PLOG: Tu! Che ne hai fatto di mia moglie?
JOF: Non vorrete farmi del male. E perché poi? Ho annoiato qualcuno oppure ho dato fastidio? Me ne vado subito e se volete, non metterò più piede qui dentro.
RAVAL: Àlzati, che tutti ti possano sentire. E parla più forte. Fa' una bella capriola così vedremo se sei un buon attore.
JOF: No! No!
PLOG: Avanti! Avanti! Che cos'hai fatto di mia moglie?
JOF: No!
RAVAL: Non crederai di cavartela così. Alzati e balla!
JOF: No. Non so ballare. Non posso!
RAVAL: E allora imita l'orso.
JOF: Ma non ne sono capace! Non so!
RAVAL: Avanti. Vediamo se è vero. Su. Torna sulla tavola.
JOF: Non... non posso, non ce la faccio più.
JÖNS: Ricordi cosa dissi che t'avrei fatto se t'avessi rivisto? E io sono un uomo di parola!


ANTONIUS: Come si chiama?
MIA: Mikael.
ANTONIUS: Che età ha?
MIA: Ha più di un anno, ormai.
ANTONIUS: A vederlo lo pensavo più grande.
MIA: Davvero? No, no, è ancora piccolo, lui.
ANTONIUS: Avete dato uno spettacolo oggi, non è vero?
MIA: Come mi avete trovato?
ANTONIUS: Siete più graziosa così, priva di trucco e con questa gonna senza fronzoli.
MIA: Credete? Sapete, Jonas Skat se n'è andato e ci ha lasciati soli. Siamo in un brutto guaio, purtroppo.
ANTONIUS: Era vostro marito?
MIA: Jonas? No, mio marito è un altro, e si chiama Jof.
ANTONIUS: Ah, scusate.
MIA: Ora siamo rimasti lui è io, e dovremo rimetterci a fare i giochi di prestigio. È un lavoro così noioso...
ANTONIUS: Ne fate anche voi?
MIA: Naturalmente, si capisce, e Jof è proprio un bravissimo prestigiatore.
ANTONIUS: E di Mikael che ne farete? Un acrobata?
MIA: Jof lo spera tanto.
ANTONIUS: E voi no?
MIA: Chissà. Potrebbe anche diventare un cavaliere.
ANTONIUS: Non sarebbe un mestiere ugualmente divertente.
MIA: Infatti non avete l'aria lieta.
ANTONIUS: Infatti.
MIA: Siete stanco?
ANTONIUS: Sì.
MIA: Perché?
ANTONIUS: Ho un compagno molto sgradevole.
MIA: Volete dire il vostro scudiero?
ANTONIUS: No. Non lui.
MIA: E allora chi?
ANTONIUS: Me stesso.
MIA: Oh, sì, capisco...
ANTONIUS: Davvero capite?
MIA: Sì. So come accadono queste cose, e spesso mi domando perché la gente appena ne ha la possibilità si tormenta. Che ragione c'è?
JOF: Mia... ahiahi...
MIA: Jof! Jof! Cos'è accaduto? Jof! Ma che cos'hai fatto? Che cosa ti è successo alla locanda? Oh, su, avanti. Vieni. Vieni. Mettiti a sedere, su. Oh, santo cielo. Oh. Aspetta. Aspetta, aspetta. Oh. Io te l'avevo detto di non andarci. E poi avrai bevuto, naturalmente.
JOF: No. No. Ahi ahi ahi ahi! Non è vero, non ho bevuto neanche un goccio.
MIA: E allora avrai parlato degli angeli e dei diavoli che ti ronzano attorno. La gente non ama chi ha tante fantasie per la testa.
JOF: No. Non ho parlato né di angeli né di diavoli.
MIA: E allora avrai cominciato a cantare e a ballare. Tu non puoi smetterla neanche per un attimo di fare il buffone. Ma non capisci che gli altri invece alle volte si annoiano?
JOF: Guarda. Guarda qui. Guarda cosa ti ho comprato.
MIA: Oh! Ma se non avevi un soldo!
JOF: Oh... Beh... Io... Io l'ho comprato lo stesso.
MIA: Oh, Jof!
JOF: Oh... Povero me! Sapessi quante ne ho prese!
MIA: E perché non gliele hai restituite?
JOF: Beh, veramente, stavo lì lì per farlo. Ma non ho voluto abbandonarmi a tanto. Però mi sono arrabbiato, sai? Ruggivo come un leone! Te lo giuro! Sì!
MIA: E hanno avuto paura?
JOF: No, si sono messi a ridere.
JOF: Oh Mikael. Mikael. Mikael. Mikael.
MIA: Senti come profuma di buono?
JOF: E com'è bello toccarlo! È un ometto forte forte, lui! Un vero piccolo acrobata!
MIA: Questo qui è mio marito, Jof.
JOF: Mio signore.
ANTONIUS: Buonasera. Siete fortunato ad avere un così bel bambino. Dev'essere una grande gioia per voi.
JOF: Oh, sì. Lo è. Non abbiamo niente da offrire, Mia?
ANTONIUS: Grazie. Non voglio niente.
MIA: Ho appena colto delle fragole che sono una meraviglia, e poi ho anche un po' di latte. Appena munto.
JOF: Me lo hanno regalato. Se voleste accettare questa umile offerta ne saremmo molto onorati.
MIA: Sedetevi, io vado a prendere le fragole.
JOF: Sedete.
ANTONIUS: Dove andrete da qui?
JOF: A Elsinore, per la sagra di Tutti i Santi.
ANTONIUS: È un viaggio che vi sconsiglio.
JOF: E perché mai, se posso chiedervelo?
ANTONIUS: La peste si va diffondendo lungo tutta la costa. La morte falcia gli uomini come grano maturo.
JOF: Ahiahiahi... Le cose si mettono proprio male, direi.
ANTONIUS: Perché non attraversate la foresta con me, questa notte? Poi, se vorrete, potrete sostare un po' nel mio castello. Sarete più tranquillo.
MIA: Sono fragole selvatiche. Le ho colte lassù, sulle colline. Non ne avevo mai viste di così grosse. Sentite come profumano.
JOF: Servo vostro, signore.
ANTONIUS: Vi ringrazio di cuore.
JOF: Credo che la vostra proposta sia buona, ma devo pensarci un po'.
MIA: Sarebbe proprio bene attraversare la foresta in compagnia. Dicono che sia piena di gnomi, di fantasmi, di diavoli e di briganti.
JOF: Sì sì. L'ho già detto che è una buona idea, ma ora che Jonas ci ha lasciati devo considerare bene quello che faccio. Dopotutto, adesso sono io il responsabile della Compagnia.
MIA: Sentitelo! Adesso dopotutto sono io il responsabile della Compagnia! Gradite delle fragole?
JOF: Quell'uomo mi ha salvata la vita. Sedete con noi e stiamo lieti assieme.
JÖNS: Lo scudiero Jöns ringrazia.
MIA: Ah. Com'è bello!
ANTONIUS: Sì, per un attimo.
MIA: È giusto che sia così. Tutti i giorni sono uguali, no? E non c'è niente di strano in questo. Certo, l'estate è migliore dell'inverno, perché d'estate non si ha freddo. Ma la primavera è la stagione migliore.
JOF: Ho scritto una canzone sulla primavera, volete sentirla? Vado a prendere la lira, aspettate.
MIA: No, no, no. Non ora, Jof. E dopotutto può anche darsi che non la vogliano ascoltare.
JÖNS: Al contrario. Anch'io scrivo canzoni.
JOF: Ecco. Hai visto?
JÖNS: Ne ho composta una su di un salmone ribelle che comincia in questo modo.
ANTONIUS: Ehm, ehm!
JÖNS: Oh, va bene, non se ne fa niente. Quando l'arte mia non viene apprezzata, io non voglio imporla a nessuno. Sono molto delicato.
ANTONIUS: Molte cose turbano gli animi.
MIA: Comunque è meglio affrontarle in due. Voi non avete nessuno con cui vivere?
ANTONIUS: L'avevo una volta.
MIA: E ora che sta facendo?
ANTONIUS: Non lo so.
MIA: Che aria seria avete assunto. Era la vostra fidanzata?
ANTONIUS: Eravamo appena sposati e la nostra vita era un gioco che sembrava senza fine. Io scrivevo poesie sui suoi occhi, sul suo naso, sulle sue deliziose piccole orecchie. Al mattino andavamo a caccia assieme e alla sera ballavamo, e la casa era piena di gioia.
MIA: Volete della altre fragole?
ANTONIUS: La fede è una pena così dolorosa. È come amare qualcuno che è lì fuori al buio e che non si mostra mai per quanto lo si invochi. Come tutto questo mi sembra irreale ora che sono qui con voi e vostro marito. Tutto appare così diverso.
MIA: Adesso non avete più l'aria seria.
ANTONIUS: Lo ricorderò questo momento. Il silenzio del crepuscolo. Il profumo delle fragole. La ciotola del latte. I vostri volti su cui discende la sera. Mikael che dorme sul carro. Jof e la sua lira. Cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo delicatamente, come se fosse una coppa di latte appena munto che non si vuol versare. E sarà per me un conforto. Qualcosa in cui credere.
MORTE: Ti stavo aspettando.
ANTONIUS: Mi dispiace, sono stato trattenuto. Dato che ti ho svelato i miei piani, batterò in ritirata. Avanti. Tocca a te.
MORTE: Perché così soddisfatto?
ANTONIUS: È il mio segreto.
MORTE: Va bene. Allora io ti soffio il cavallo, eh?
ANTONIUS: Niente di più giusto.
MORTE: Mi hai messo in trappola?
ANTONIUS: Esattamente. Ci sei caduto in pieno. Ecco, scacco al re.
MORTE: Perché ridi?
ANTONIUS: Non preoccupartene, salva il tuo re piuttosto.
MORTE: Stai diventando arrogante.
ANTONIUS: Questa partita mi diverte molto.
MORTE: Su, tocca a te. Cerca di fare presto, che ho fretta.
ANTONIUS: Capisco che hai molte cose da fare, ma gli scacchi sono gli scacchi. è un gioco che richiede tempo.
MORTE: Davvero accompagnerai quei saltimbanchi nella foresta questa notte? Voglio dire Jof e Mia e... il loro figlioletto.
ANTONIUS: Perché me lo chiedi?
MORTE: Per niente.


ANTONIUS: Dov'è Jöns? Dobbiamo partire.
JOF: Ha detto che andava un momento alla locanda.
JÖNS: Santo cielo. Ma quello è Plog, il fabbro.
PLOG: Sì, sono io.
JÖNS: Cosa fai da queste parti?
PLOG: Mi lamento, 'ché sono torturato come una lepre presa alla tagliola.
JÖNS: Sempre per via della moglie?
PLOG: Non l'ho ancora ritrovata.
JÖNS: Eh, purtroppo si è infelici con le donne e si è infelici senza. E quindi la cosa migliore sarebbe di ucciderle appena incomincia l'infelicità.
PLOG: Oh. Le querele e le ciance delle donne.
JÖNS: Le urla e i pannolini degli infanti.
PLOG: Unghie aguzze e lingue taglienti.
JÖNS: La madre di tutti i diavoli per suocera.
PLOG: E quando hai voglia di fare un pisolino...
JÖNS: Ecco una triste melodia.
PLOG: Tra lacrime e lamenti che sveglierebbero anche i morti.
JÖNS: "Perché non mi dai un bacio?"
PLOG: "Perché non mi dici qualche cosa?"
JÖNS: "Perché non mi ami più come il primo giorno?"
PLOG: "Non ti piace la mia camiciola nuova?"
JÖNS: "Ecco! Tu non fai che dormire e russare!"
PLOG: Accidenti!
JÖNS: Ma come, accidenti? Tanto se n'è andata. Allegro!
PLOG: Li prenderò tutti e due per il naso con le tenaglie e li trascinerò nella polvere fino a che non imploreranno pietà. Li metterò sull'incudine e li lavorerò come due ferri di cavallo!
JÖNS: Ma che fai? Ricominci?
PLOG: Forse perché io la amo.
JÖNS: E il tuo sarebbe amore? Lascia che ti dica, povero amore tenero e credulone, che l'amore è fatto sostanzialmente di lussuria più lussuria, di inganni più inganni, di menzogne, sotterfugi e scempiaggini!
PLOG: Comunque fa male lo stesso.
JÖNS: Ah beh... Naturalmente. L'amore è una faccenda molto dolorosa, e alle volte sembra di doverne morire. Ma poi, invece, passa.
PLOG: No, il mio è di quello che non passa.
JÖNS: Tutte storie, tutte storie! È estremamente raro che uno stupido come te muoia d'amore. Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l'amore invece è perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione.
PLOG: Tu sei un uomo felice perché sai parlare molto bene, e poi credi in tutto quello che pensi e dici.
JÖNS: Ah... E chi ti dice che ci credo? Mi piace dar consigli, ecco. E vuoi sapere perché? Perché sono una persona istruita.
PLOG: Senti. Non potrei venire con te? Sai, sono così solo e non oso ritornare a casa dove tutti riderebbero alle mie spalle.
JÖNS: Va bene, purché tu la pianti coi piagnistei! Su, avanti. Andiamo!
PLOG: Jöns! Oh! Fratello diletto!
JOF: Attento, Jöns! Quello è matto e vuol sempre menare le mani.
JÖNS: Per il momento è innocuo.
PLOG: Mi dispiace se ti ho trattato male, fratello. Purtroppo è tutta colpa del mio caratteraccio. Qua la mano. E ora lascia che ti stringa al cuore.
JOF: Va bene. Va bene, più tardi. Adesso ho troppo da fare. Più tardi. Arrivederci.


PLOG: Ehi! Cosa vedono i miei occhi? Chi sono quei due là in fondo che avanzano? Non si tratta forse della mia beneamata con quel dannato buffone?
SKAT: Aiuto!
PLOG: Ti ucciderò!
SKAT: Sei tu lo sporco fabbro che ha osato insultare la mia adorata, la celestiale, mirabilissima, Cunegonda?
PLOG: Che nome hai detto?
LISA: Cunegonda! Sei anche diventato sordo?
JÖNS: Cunegonda!...
PLOG: No. Quella è Lisa. Lisa la lercia! Lisa la svergognata! Lisa l'adultera, la spudorata.
LISA: Oh! Com'è volgare!
PLOG: Tanti nomi tu hai meritato e sono anche pochi. Ne meriteresti di peggiori, lasciva baldracca!
LISA: Toglilo di mezzo.
SKAT: Dannato figliolo, bastardo dei sette cani più rognosi del villaggio! Se io fossi nei tuoi luridi panni, sarei preso da una tale estrema cocente vergogna che non esiterei un attimo a liberare il mondo della mia presenza odiosa.
PLOG: Attento a quello che dici... Profumato...
JÖNS: Perdigiorno.
PLOG: Perdigiorno! Sta' attento o ti farò una cosa che ti porterà dritto all'inferno dove coi pidocchi della tua razza potrai divertirti a...
JÖNS: ...a recitare monologhi.
PLOG: a recitar monologhi ai diavoli che vi rimesteranno notte e giorno coi forconi.
JÖNS: Bravo Plog!
SKAT: Attento che non ti faccia uscire le budella dagli occhi e che poi non ne te faccia dono.
PLOG: O che io non ti tagli le orecchie e te le faccia ingoiare impanate e fritte come due fiori di zucca.
JÖNS: Ah, ah, ah, ah!
JOF: Che c'è da ridere? Quelli fanno sul serio.
JÖNS: Mi fanno venire in mente quelle scimmie tanto simili all'uomo da essere stupide come lui.
JOF: E con questo che vuoi dire?
JÖNS: Oh, niente, niente.
LISA: Oh, Plog. Mio piccolo Plog adorato!
PLOG: Come?
LISA: Mio piccolo Plog adorato, perdonami.
JÖNS: Vedrai che adesso si mette a piangere.
LISA: Quante cose terribili mi hai detto! E pensare che quell'uomo mi ha ingannata, soltanto ingannata.
SKAT: Lo riconosco, Cunegonda. Mi sono comportato come un vile.
JÖNS: Ora lei gli parlerà dei suoi piatti preferiti.
LISA: Tesoro mio, appena a casa cuocerò per te braciole di maiale con rape e marmellata di mirtilli. Vedrai come le gusterai! Oh, caro Plog!
PLOG: Sì, d'accordo. Ma prima di tutto io devo ammazzare quel buffone.
LISA: Hai ragione. Avanti, ammazzalo subito. Che cosa aspetti ancora? Oh. Non ho mai visto un essere più odioso!
JÖNS: Perché mai, o Signore, creasti la donna?
LISA: Che orrore. Barba falsa, denti falsi, sorrisi ingannatori, nient'altro che recitazione. Sì, uccidilo. Oh, non si merita altro.
SKAT: Mio caro Plog. Se pensi che io voglia difendere questa mia povera realtà fisica, ti sbagli di grosso. Uccidimi pure. Mi renderai un servizio e già ti ringrazio.
PLOG: Cos'hai detto?
JÖNS: L'attore commuove e confonde l'avversario. Ah! Potenza dell'arte!
LISA: Su, fai qualcosa invece di stare lì impalato!
PLOG: Ma deve ribellarsi, se no come posso ucciderlo? Deve provocarmi, in modo da imbestialirmi, come poco fa.
SKAT: Caro amico, ora affonderò questa lama nel mio petto. E la misera realtà di cui è fatto il mio corpo si trasformerà in un'altra realtà, quella assoluta e tangibile di un cadavere.
PLOG: No... Beh... Io non volevo che tu giungessi a questo.
SKAT: Addio, dolce Cunegonda. Addio, amico Plog. Prega per me, talvolta.
PLOG: Oh... Oh, signore Iddio benedetto! Ma io non volevo che morisse, in fondo era anche simpatico.
JOF: È morto, terribilmente morto! Non ho mai visto un attore più morto di lui.
LISA: Cielo, è una faccenda che non va! Anche se è stato lui a voler morire.
PLOG: Oh... Tu sei sempre così buona.
LISA: Comunque, ora hai di nuovo la tua Lisa accanto.
JÖNS: Non sei soddisfatto?
PLOG: Amico mio. Sai cosa ti dico? Che la vita alle volte è una vera pazzia.
JÖNS: Ah, certo. Hai ragione, ma tu non pensarci.
PLOG: Non pensarci... è presto detto.
SKAT: Ecco fatto. Sono un grande attore. Adesso mi arrampicherò su di un albero e così almeno passerò la notte al sicuro. Uff... Là... Domattina cercherò Jof e Mia, e assieme partiremo per la sagra di Elsinore. Meno male che è andata a finir bene. Quand'ero giovanotto me ne andavo tutto solo! Dei boscaioli! Ma guarda un po'. Accidenti, ma stanno tagliando proprio il mio albero! Ehi voi! Sudici tagliaboschi, che state facendo al mio albero? Eh? Non potreste almeno rispondere? La cortesia non costa niente. Ehi, ma chi sei tu?
MORTE: Sto abbattendo il tuo albero. Non sai che la tua ora è giunta?
SKAT: No, aspetta, ti prego. Non è questo il modo.
MORTE: Ah. E che modi vorresti?
SKAT: Ah, beh... Ecco, vedi... Fra poco c'è lo spettacolo.
MORTE: Ma sarà sospeso. Per la morte dell'attore.
SKAT: Ma se ho un contratto?
MORTE: Annullato.
SKAT: Beh... Sì... Ma la famiglia, i bambini...
MORTE: Su. Dovresti vergognarti, Skat.
SKAT: Sì, sì, sì, sì, giusto. Mi vergogno e mi pento, mi pento. Ma, non c'è qualche scusa, qualche particolare eccezione per gli attori?
MORTE: No, no. Niente. Nessuna eccezione.
SKAT: Niente scappatoia? Nessun rimedio?


PLOG: Le nubi hanno lasciato libera la luna.
JÖNS: Molto bene, così vedremo meglio la strada.
MIA: Non mi piace la luna stasera.
JOF: Gli alberi sono immobili.
JÖNS: Non c'è un filo di vento.
PLOG: Forse non è per questo. Dev'essere qualcos'altro.
JOF: Non c'è un suono.
JÖNS: Almeno si sentisse una volpe.
JOF: O un gufo.
JÖNS: O qualche voce umana, oltre le nostre. Un carro.
MILITARI: Forza! Oh! Forza! Oh! Forza!
JÖNS: Dove state andando?
MILITARE: A un'esecuzione.
JÖNS: Ah, già. Ho capito. La strega. Ma perché la bruciate così? Di notte. La gente ha così poche distrazioni oggidì...
MILITARE: Chi vuoi mai che venga a vederla. Solo a guardarla c'è rischio di cader preda del demonio.
JÖNS: In questo caso siete dei giovanotti coraggiosi, voi.
MILITARE: Oh, beh. Ci hanno pagato bene e val la pena di rischiare.
MILITARI: Oh! Forza! Oh! Forza! Oh! Forza!
ANTONIUS: Figliola, mi senti? È vero che sei stata assieme al diavolo?
STREGA: Perché me lo chiedi?
ANTONIUS: Non è solo per curiosità. Ho le mie buone ragioni. Voglio incontrarlo anch'io.
STREGA: Perché?
ANTONIUS: Voglio domandargli di Dio. Lui sicuramente deve saperne più di ogni altro.
STREGA: Puoi incontrarlo quando vuoi.
ANTONIUS: Anche ora?
STREGA: Sì, se fai quello che ti dico io. Guardami fisso negli occhi. Guarda. Guarda bene. Non lo vedi?
ANTONIUS: Vedo solo il tuo disperato terrore. E nient'altro. Ecco ciò che vedo.
STREGA: Davvero? Non vedi altro? Niente altro?
ANTONIUS: No.
STREGA: Forse sarà dietro le tue spalle.
ANTONIUS: No. Non c'è nessuno.
STREGA: Ma io so che è qui accanto. Basta che io allunghi una mano per incontrare la sua. Anche adesso è qui e mi difenderà dal fuoco.
ANTONIUS: Lo ha detto lui?
STREGA: Lo so.
ANTONIUS: Te lo ha detto lui?
STREGA: Su, guarda, guardami negli occhi. Lo vedrai anche tu se guardi bene. I preti lo hanno visto sùbito il demonio, e anche i soldati. E ne hanno tanta paura che non osano neanche toccarmi.
ANTONIUS: Perché le avete rotto i polsi?
MILITARE: Non siamo stati noi.
ANTONIUS: E chi?
MILITARE: Chiedetelo a quel monaco.
ANTONIUS: Che cosa le avete fatto?
MORTE: Perché non la smetti di fare domande?
ANTONIUS: No, non la smetterò.
MORTE: Tanto nessuno ti risponde.
JÖNS: Per un attimo ho pensato di uccidere i soldati. Ma a che sarebbe servito? È già agonizzante.
MILITARE: Vi ho detto di non avvicinarvi. Finirete dannati anche voi.
ANTONIUS: Prendi questo. Ti allevierà la pena.
JÖNS: Che cosa vede? Questo vorrei sapere.
ANTONIUS:  Ormai non vede più.
JÖNS: Non avete risposto alla mia domanda. Chi veglia su di lei? Gli angeli, o Dio, o Satana, oppure... oppure il nulla. Il nulla, ve lo dico io.
ANTONIUS: No, no, no, non può essere.
JÖNS: Guardate i suoi occhi. La sua torbida coscienza si sta accorgendo del nulla. Del nulla che ormai la sommerge.
ANTONIUS: No.
JÖNS: E noi siamo qui incapaci di fare qualcosa. Perché vediamo ciò che vede lei, e il nostro terrore è uguale al suo. E nessuno l'aiuta. No! Non posso guardarla.


MIA: C'è un usignolo sul ramo d'acacia / che canta la luna d'estate.
JÖNS: Tra poco farà giorno. Eppure il caldo è ancora come un'umida coltre.
LISA: Ho tanta paura.
PLOG: Sentiamo che deve accadere qualcosa, ma non sappiamo cosa.
JÖNS: Forse è la fine.
PLOG: Il nostro ultimo giorno.
RAVAL: Oh! Oooh! Per carità di Dio. Datemi un po' d'acqua. Ho la peste.
JÖNS: Non avvicinarti. Resta dietro quel tronco.
RAVAL: No! No! Ho paura! Ho paura di morire! Non voglio morire! Non voglio! Non voglio! Perché non avete pietà di me? Datemi un po' d'acqua. Aiutatemi! Non lasciatemi morire.
JÖNS: No. Non serve a niente. Ormai non serve a niente. Tutta l'acqua di un fiume non basterebbe a dissetarlo.
RAVAL: Lo voglio. Lo voglio. Sto per morire. Aiutatemi. Aiutatemi! Che cos'accadrà di me? Ditemi qualcosa, confortatemi! Abbiate un po' di misericordia. Non vedete che muoio? Abbiate pietà. Datemi un po' d'acqua. Mio Dio.
JÖNS: Non si può far niente. Adesso tutto sarebbe inutile. Nessuno riuscirà più a confortarlo.
RAVAL: Aiutatemi! Aiutatemi!
JÖNS: Cerca di non sentirlo.
RAVAL: Aaah! Aaah!


MORTE: Allora, vogliamo finire la nostra partita?
ANTONIUS: Tocca a te.
MORTE: Ora ti soffio la regina.
ANTONIUS: Non me n'ero accorto.
JOF: Mia.
MIA: Cosa c'è?
JOF: Vedo una cosa terribile. Una cosa che non so come dirti.
MIA: E che cos'è?
JOF: Il cavaliere è laggiù che gioca a scacchi.
MIA: Lo vedo anch'io, e non capisco che cosa ci sia di tanto terribile.
JOF: Ma non vedi con chi gioca?
MIA: Sta divertendosi da solo. Ma perché mi spaventi così?
JOF: No. No. Non è vero che è solo.
MIA: E con chi è?
JOF: Con la Morte. È lì che gioca a scacchi con la Morte in persona.
MIA: Non devi dire cose simili.
JOF: Dobbiamo cercare di andarcene.
MIA: E come possiamo fare?
JOF: Bisogna tentare comunque. Sono così immersi nel gioco che forse non ne se accorgono.
MORTE: Tocca a te, Antonius Block. Hai perso interesse alla partita?
ANTONIUS: Perso interesse? Per niente.
MORTE: Ti vedo preoccupato. Di che si tratta?
ANTONIUS: Niente ti sfugge, vero?
MORTE: No. Niente mi sfugge. Allora: cos'è che ti tormenta?
ANTONIUS: È vero, sono preoccupato.
MORTE: Hai paura?
ANTONIUS: Scusa. Questo mantello è così ingombrante...
MORTE: Non preoccuparti. Ricordo benissimo dove stavamo... E ti devo dare una notizia interessante.
ANTONIUS: E cioè?
MORTE: Che ho vinto. Ti do scacco matto.
ANTONIUS: È vero.
MORTE: Ti è stato d'aiuto questo rinvio?
ANTONIUS: Ah, sì, certo.
MORTE: Ne sono lieto. E adesso ti lascio. Quando ci rincontreremo, sarà giunta l'ultima ora per te e i tuoi compagni di viaggio.
ANTONIUS: E tu ci svelerai i tuoi segreti?
MORTE: Non ho alcun segreto da svelare.
ANTONIUS: Allora non sai niente?
MORTE: Non mi serve sapere.


MIA: Guarda che strana luce là in fondo.
JOF: Al sorgere del sole ci sarà un temporale.
MIA: E qualcosa d'altro. Qualcosa di terribile. Non senti l'urlo della foresta?
JOF: Dev'essere la pioggia.
MIA: No. Non è la pioggia. No. Ci ha visti e ci segue. Si dirige verso di noi e ci raggiunge.
JOF: Va' dentro, Mia. Fa presto. Va'! È l'angelo dell'abisso che passa su di noi. Sì, è l'angelo dell'abisso e le sue ali sono nere e immense.
MIA: Senti com'è freddo il vento?


KARIN: Gente tornata dalla crociata mi aveva detto che stavi arrivando. Io sola ti ho atteso qui. Gli altri hanno avuto paura della peste. Dimmi, non mi riconosci più, forse? Anche tu sei mutato, però. Ma ora vedo che sei proprio tu. Nel fondo dette tue pupille. Celato nelle pieghe del tuo volto. Turbato, timoroso. C'è ancora il ragazzo che se ne andò di qui tanti anni fa.
ANTONIUS: Sono tornato. E sono un po' stanco.
KARIN: Sei pentito di ciò che hai fatto?
ANTONIUS: No. Non lo sono affatto. Sono solo un po' stanco.
KARIN: Me ne sono accorta.
ANTONIUS: Questi qui sono i miei amici.
KARIN: Digli di entrare. è giusto l'ora della colazione.


KARIN: "E quando l'agnello aperse il settimo sigillo, si fe' nel cielo un profondo silenzio di mezz'ora, e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio, e furono date loro sette trombe. Poi un altro angelo si fermò davanti all'altare con un turibolo, e gli fu data gran quantità d'incenso. E allora il primo angelo die' fiato alla tromba e ne venne grandine e fuoco misto a sangue. E così furono gettati sopra alla terra. E la terza parte della terra fu arsa. E la terza parte degli alberi fu arsa. E fu arsa l'erba verdeggiante. E quindi il secondo angelo die' fiato alla tromba. E una specie di grande montagna di fuoco ardente fu gettata in fondo al mare. E la terza parte del mare diventò saggia".
ANTONIUS: C'era qualcuno?
JÖNS: No, signore. Nessuno.
KARIN: "E anche il terzo angelo die' fiato alla sua tromba. E dall'alto del cielo cadde una stella grande. Ardente come fiaccola. La stella si chiamava... Si chiamava Assenzio".
ANTONIUS: Buongiorno, nobile signore.
KARIN: Io sono Karin, la moglie del cavaliere. E vi do il benvenuto nella mia casa, signore.
PLOG: Il mio mestiere è quello del fabbro. E devo dire che mi arrangio bene nel mio lavoro. Questa è mia moglie Lisa. Saluta il nobile signore, avanti. Qualche volta non è facile andarci d'accordo e abbiamo avuto i nostri litigi, ma non peggio di quanto capita a tutte le coppie.
ANTONIUS: Dall'oscurità che tutti ci attornia mi rivolgo a te, o signore Iddio. Abbi misericordia, che siamo inetti, e sgomenti, e ignari.
JÖNS: Nell'oscurità in cui dite che siamo avvolti, e probabilmente è proprio così, non c'è nessuno che ascolti i vostri lamenti o lenisca le vostre sofferenze. Asciugate le lacrime e specchiatevi nella vostra indifferenza.
ANTONIUS: Dio, tu che in qualche luogo esisti, che devi certamente esistere, abbi misericordia di noi.
JÖNS: Forse avrei potuto liberarmi da questa angoscia dell'eternità che vi tormenta. Ma ormai è troppo tardi per insegnarvi la gioia smisurata di una mano che si muove e di un cuore che pulsa.
KARIN: Silenzio. Silenzio...
JÖNS: Sì. Farò silenzio, ma mi ribello.
RAGAZZA: L'ora è venuta.


MIA: Jof. Jof.
JOF: Mia! Li vedo, Mia. Li vedo. Laggiù, contro quelle nuvole scure. Sono tutti assieme. Il fabbro e Lisa, il cavaliere, Raval e Jöns e Skat. E la Morte austera li invita a danzare. Vuole che si tengano per mano e che danzino in una lunga fila. In testa a tutti è la Morte. Con la falce e la clessidra. E Skat è l'ultimo e ha la lira sotto il braccio. Danzano solenni, allontanandosi lentamente nel chiarore dell'alba. Verso un altro mondo ignoto. mentre la pioggia lava quieta i loro volti. E terge le loro guance dal sale delle lacrime.
MIA: Oh tu... Sempre con i tuoi sogni e le tue visioni.

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(2007)