LE CONSEGUENZE DELL'AMORE

Regia: Paolo Sorrentino

Cast: Toni Servillo (Titta), Olivia Magnani (Sofia), Adriano Giannini (Valerio
), Angela Goodwin (Isabella), Raffaele Pisu (Carlo)

Trama:
In un anonimo albergo di una qualsiasi cittadina svizzera vive da otto anni Titta Di Girolamo: non lavora, trascorre le giornate tra la hall e il bar dell'hotel, indossa abiti eleganti, non ha amici e non tradisce nessuna emozione. La sua è una routine infinita fatta di giorni uguali a se stessi spesi nella spasmodica attesa di qualcosa. Ma chi è veramente? E quale segreto nasconde?


TITTA DI GIROLAMO: La cosa peggiore che può capitare ad un uomo che trascorre molto tempo da solo, è quella di non avere immaginazione. La vita, già di per sé noiosa e ripetitiva, diventa in mancanza di fantasia uno spettacolo mortale. Prendete questo individuo con il papillon: molte persone nel guardarlo si divertirebbero a congetturare sulla sua professione, sul tipo di rapporti che intrattiene con queste donne. Io invece vedo davanti a me solo un uomo frivolo. Io non sono un uomo frivolo. L'unica cosa frivola che possiedo è il mio nome: Titta Di Girolamo.
PORTIERE DI GIORNO: Niente, dottore.
DIRETTORE: Dottor Di Girolamo...
TITTA: Direttore.
CAMERIERA: Buongiorno.


SOFIA: Arrivederci.
BARMAN: Ciao, Sofia.
LETIZIA: Vuol fare una partita?
TITTA: No, grazie. Non sono in grado di giocare una partita. Risolvo solo i finali della Settimana Enigmistica.
LETIZIA: Peccato. Mi annoio così tanto in questi viaggi d'affari. Pensare che fino a ieri ero in Messico, in riva al mare, per un convegno. Adesso invece sono qua, con questo freddo. Permette che mi presenti: Letizia.
TITTA: Di Girolamo.
LETIZIA: Anche lei qui per affari?
TITTA: Hm.
LETIZIA: Che vita, eh? E di che cosa si occupa?
TITTA: Lavoro per una grossa società di intermediazione finanziaria.
LETIZIA: Caspita! E qual è?
TITTA: La Moulinex.
LETIZIA: Lei mi sta dicendo una bugia. La Moulinex, per quanto ne so, produce frullatori. Andiamo, lei non mi sta dicendo la verità.
TITTA: La verità, amico mio, è noiosa.


CARLO: Sono sempre stato un uomo perfido e vizioso, per questo t'ho rovinato la vita.
ISABELLA: Ma tu sei sempre stato sincero, e questo mi è bastato.
CARLO: Lo sa qual è la cosa che mi fa più paura, dottore? Morire di vecchiaia. Io non voglio. Io voglio morire in modo rocambolesco.
ISABELLA: Devi prendere questa adesso, Carlo. Non mangia più, dottore?
TITTA: Non ho più fame.
ISABELLA: Che si dice fuori, dottore?
TITTA: Niente.
CARLO: Dottore, ha perso.
TITTA: Quanto le devo?
CARLO: Dieci Franchi. Grazie. Quando entravo in un casinò, il mondo si fermava. Sussurravano: "È arrivato".
ISABELLA: Sussurravano: "Adesso gli portiamo via tutto". E così hanno fatto.
CARLO: Non è andata esattamente così.
ISABELLA: È andata esattamente così. Solo perché vivremo nella stanza di un albergo che una volta era nostro... Dottore, l'Asso Pigliatutti è un gioco napoletano?
TITTA: Non saprei, io sono di Salerno, e comunque è l'unico gioco di carte che conosca.
CARLO: È un gioco sciocco. I bambini giocano all'Asso Pigliatutto.
TITTA: Me l'hanno insegnato da ragazzo, forse per questo mi piace.
ISABELLA: Non si dovrebbe mai rompere il cordone ombelicale con quando si era ragazzi. È vero, dottore?
TITTA: Mai. Sì. Insomma, volevo dire... mai non si dovrebbe. Ci vuole coraggio.
CARLO: A far cosa?
TITTA: A morire in modo rocambolesco.


TITTA: Esiste nel mondo una specie di setta, della quale fanno parte uomini e donne, di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni. È la setta degli insonni. E io ne faccio parte, da dieci anni. Gli uomini non aderenti alla setta a volte dicono a quelli che ne fanno parte: "Se non riesci a dormire puoi sempre leggere, guardare la tv, studiare, o fare qualsiasi altra cosa". Questo genere di frasi irrita profondamente i componenti della setta degli insonni. Il motivo è molto semplice: chi soffre d'insonnia ha un'unica ossessione. Addormentarsi.
CARLO: ... la scultura lumeggiata in oro, del XVIII secolo...
ISABELLA: ... il cassettone veneziano in massello di noce, quello bombato...
CARLO: ... le sei sedie Luigi XV, in legno cerato...
ISABELLA: ... la parure francese che rappresentava gli scarabei sacri...
CARLO: Quale? Questa non me la ricordo.
ISABELLA: Quella in oro bianco... con gli smeraldi, i diamanti, le perle piccole... Che peccato.
CARLO: Un giorno ricompreremo tutto, te lo giuro.
ISABELLA: La devi smettere, Carlo!
CARLO: Ma non posso smettere di sperare. Non posso.
ISABELLA: La devi smettere di barare ad Asso pigliatutto.
CARLO: Sto diventando molto bravo, non c'è alcun pericolo.
ISABELLA: Sè, sè... Buonanotte, Carlo.
CARLO: Buonanotte, Isabella.


CAMERIERA: Buongiorno, dottore.
TITTA: Prego.
CAMERIERA: Come andiamo oggi?
TITTA: Bene, grazie.
DIRETTORE: Puntuale come sempre.
TITTA: Siamo in Svizzera, no?
DIRETTORE: Hm-hm.
TITTA: C'è qualche problema?
DIRETTORE: Un cliente dell'albergo viene da me e mi dice: "Quel suo cliente, Di Girolamo, non è vero che fa l'intermediario finanziario. Mente". "E con questo?", gli dico. "Ah, è una cosa sospetta", dice lui, "si dovrebbe indagare". È a questo punto che gli ho dato la mia risposta, una risposta che avrebbe fatto inorgoglire qualsiasi direttore d'albergo. La vuole sentire?
TITTA: Sono pronto.
DIRETTORE: Gli dico: "Gentile cliente, il dottor Titta Di Girolamo paga puntualmente la sua stanza ogni primo del mese da otto anni a questa parte. Ma non paga solo una stanza e una pensione completa. Nel prezzo della stanza è compreso un altro servizio: la discrezione". Questo gli ho risposto.
TITTA: Una risposta notevole.
DIRETTORE: Eh, sì. È vero. Tuttavia... mi è rimasta una curiosità personale. Sì, insomma... lei, che lavoro fa veramente?
TITTA: Lei è una persona troppo intelligente per non sapere che ogni uomo ha un suo segreto inconfessabile. Facciamo così: lei mi racconta il suo segreto inconfessabile e il più recondito, e io le racconto il mio.
DIRETTORE: Lei sarebbe un magnifico giocatore di poker. Ha il volto immobile...
TITTA: Lei sta prendendo tempo.
DIRETTORE: Ho rubato un paio di sci. Sì, parecchio tempo fa, in montagna, fuori da un rifugio. E poi, un'ora dopo, stavo risalendo, e ho incrociato con lo sguardo un tizio che scendeva giù, in seggiovia... era infuriato. Aveva gli scarponi ai piedi e le racchette, ma... non aveva gli sci. Eh, eh, eh! Aveva una faccia talmente antipatica... Non mi sono affatto sentito in colpa. Adesso tocca a lei.
TITTA: Avrò avuto vent'anni. Ero in cucina col mio fratellastro di un anno. Dovevo controllare se la sua pastina era troppo calda. La assaggio, era tiepida. Ma faccio anche un'altra scoperta: era molto buona. Una gran pastina al pomodoro. Io mi ingozzo avidamente davanti a lui mentre lui piange dalla disperazione. Ma credo che sarà sopravvissuto al digiuno di quel giorno.
DIRETTORE: Mi sono divertito molto.
TITTA: Anch'io.


TITTA: Un famoso finanziere diceva che quando due persone conoscono un segreto, allora non è più un segreto. Il mio segreto inconfessabile è questo... e non è l'unico. Sulla droga la società civile tende a semplificare, distinguendo il mondo in tossicodipendenti e non tossicodipendenti. Questa separazione netta non tiene conto di situazioni intermedie molto diffuse, come la mia. Io faccio uso di eroina una volta la settimana da ventiquattro anni, solo il mercoledì mattina e solo alle dieci in punto. Non ho mai, dico mai, fatto strappi alla regola. Non posso definirmi un tossicomane, non posso definirmi un uomo estraneo al problema della droga. Una volta all'anno vado a fare il lavaggio completo del sangue. È un procedimento molto costoso. Da quanto tempo Nitto Lo Riccio è latitante? Venticinque, ventisei anni? Non ho mai visto in faccia l'uomo che mi procura l'eroina, ho parlato con lui al telefono solo una volta. Si chiama Ludovico, un nome che io ritengo inadeguato per uno spacciatore.


LETTRICE: È riservato a lei questo tavolo? Ci scusi. È che ci piaceva molto questo angolo. Vuole che ci spostiamo?
TITTA: Non saprei.
LETTRICE: Ho un'idea. Questo tavolo è abbastanza grande per contenerci tutti e tre. Che ne dice?
TITTA: Sì, ma io devo sedermi nell'angolo.
LETTRICE: Maria, senti qua che bello: "Poi succeda quel che vuole. Bell'affare. Il vantaggio d'eccitarsi, in fin dei conti, solo su delle reminiscenze. Puoi possederle, le reminiscenze. Puoi comperarne di belle, di splendide, una volta per tutte. La vita è più complicata, quella delle forme umane specialmente. Un'avventura paurosa, non c'è niente di più disperato. A confronto di questo vizio, delle forme perfette, la cocaina non è che un passatempo per capistazione".
MARIA: Bello!
LETTRICE: "Ma torniamo alla nostra Sophie: facevamo come dei progressi in poesia, solo con l'ammirare il suo essere tanto bella e tanto più incosciente di noi. Il ritmo della sua vita scaturiva da altre sorgenti, che non le nostre, striscianti per sempre le nostre, invidiose. Questa forza allegra, precisa e dolce insieme, che l'animava dai capelli alle caviglie ci veniva a turbare. Ci inquietava in un modo incantevole, ma ci inquietava, è la parola".


GIULIA: Titta, se non mi devi dire niente perché stiamo al telefono? Io ho un sacco di cose da fare.
TITTA: Come stanno i ragazzi?
GIULIA: Bene.
TITTA: Me li vuoi passare?
GIULIA: Adesso vedo chi c'è.
LILIANA: Papà?
TITTA: Come stai?
LILIANA: Bene.
TITTA: Che fai?
LILIANA: Quasi niente.
TITTA: Bene.
LILIANA: Come, bene?
TITTA: Pure io faccio quasi niente.
LILIANA: Mo' ti passo mamma. E grazie per avermi tirato su di morale.
GIULIA: Titta?
TITTA: È diventata comica, Liliana.
GIULIA: Più sta scocciata, e più fa l'ironica.
TITTA: Ah, sì? E quando non sta scocciata?
GIULIA: Non fa ridere ed è insopportabile. Titta, io devo proprio andare.
TITTA: Giulia?
GIULIA: Dimmi.
TITTA: Niente. Ciao.


ISABELLA: Te lo sei preso il litio?
CARLO: Non ancora.
ISABELLA: Cosa vogliamo fare per le nozze d'oro?
CARLO: Vendiamoci il ritratto della Baronessa. E andiamoci a fare quel viaggio in Cambogia che diciamo da anni. Andiamo a trovare i Della Rocca.
ISABELLA: Mai. È l'unico ricordo che mi rimane di mia madre.
CARLO: Il tuo attaccamento alle cose materiali mi fa ribrezzo.
ISABELLA: Prenditi il litio.
CARLO: Sei solo un'orrenda borghesuccia, lo dico sempre, io. Un giorno rientri e non ti faccio ritrovare il quadro della Baronessa. Lo vendo, e vado a giocare tutto a Montecarlo.
ISABELLA: Tu provaci e io ti faccio andare a dormire sotto un ponte. Il divorzio, chiedo.
CARLO: Io non posso aspettare la morte in albergo. Io voglio fare qualcosa di spettacolare. Qualunque cosa. La mia vita... La mia vita è stata spettacolare.
ISABELLA: Ma lo spettacolo è finito e tu ti devi rassegnare, Carlo. Siamo vecchi, moriremo qua dentro. Se morirai prima tu, ti seguirò sùbito dopo per il crepacuore. E viceversa. Adesso, per favore, prenditi il litio.


DIRETTORE BANCA: Dottor Di Girolamo. Dottor Di Girolamo.
TITTA: Sì.
DIRETTORE BANCA: Posso farle una domanda? È una curiosità personale, sa.
TITTA: Prego.
DIRETTORE BANCA: Perché ci tiene così tanto che i soldi siano contati dagli impiegati e non dalle macchinette contasoldi?
TITTA: Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini, Direttore. Il giorno che accadrà sarà un giorno sbagliato.


GIULIA: Ciao.


PORTIERE: Dottore, c'è suo fratello.
TITTA: Me lo passi.
PORTIERE: Non è al telefono, è qui in persona.
VALERIO DI GIROLAMO: Fratellone. Bello.
TITTA: Ti prego, non sopporto le mani in faccia, hm?
VALERIO: Scusa.
TITTA: Che ti devo raccontare?
VALERIO: Non lo so, qualsiasi cosa, a piacere. Puoi pure inventare, se vuoi.
TITTA: Non ho molta immaginazione.
VALERIO: Porca puttana, è un'impresa titanica fare due chiacchiere con te.
TITTA: So' sempre da solo. Non sono più abituato a parlare.
VALERIO: Ho capito, è per questo che dovresti approfittare di me.
TITTA: Quando hai detto che riparti?
VALERIO: Già ti sei rotto il cazzo.
TITTA: L'ho detto per fa' due chiacchiere...
VALERIO: Parto domani per le Maldive. Un villaggio, cercavano un istruttore di surf per tre settimane.
TITTA: Papà come sta?
VALERIO: È morto, ma nessuno gliel'ha detto.
TITTA: E chi l'ammazza, quello?
VALERIO: Non lo chiami mai.
TITTA: E perché lo dovrei chiama'? Per sentirmi dire ogni volta che sono un criminale?
VALERIO: Hai solo avuto sfortuna.
TITTA: Sfortuna non esiste. È un'invenzione dei falliti. E dei poveri.
VALERIO: Vabbè, comunque papà non se la passa bene, perché lui vorrebbe finire la sua vita a Salerno, dice che Roma non è la sua città, però mamma non vuole trasferirsi, e...
TITTA: Tua madre mi è sempre piaciuta.
VALERIO: Ah, ah, ah! Ah! Grazie. Lei è molto bella, lo sa questo? Io parto domani per le Maldive, perché... perché non viene con me?
SOFIA: Non sto bene in costume da bagno.
VALERIO: Ah, brava, ottima risposta. Eh? Quando fanno così, di solito ci stanno. E tu non ce l'hai una ragazza? Una donna? Ho capito: non ce l'hai. Te lo ricordi Dino Giuffrè, il nostro vicino di casa?
TITTA: Certo che me lo ricordo.
VALERIO: Eravate amici da piccoli, no?
TITTA: È il mio migliore amico.
VALERIO: Ma perché, lo vedi ancora?
TITTA: No. non lo vedo e non lo sento da vent'anni.
VALERIO: Ah, beh, allora... Allora è un po' arduo definirlo il proprio migliore amico, o no?.
TITTA: Invece lo è.
VALERIO: Ho capito. È il tuo... è il tuo amico immaginario, come ce l'hanno i bambini. È quello... è quello a cui dici tutte le cose che non dici a me. Le dici nella tua testa, bene!
TITTA: Vedi che Dino Giuffrè è il mio migliore amico e basta. Quando si è stati amici una volta lo si è per tutta la vita.
VALERIO: Che cazzata. Vabbè, comunque, ti stavo dicendo, la settimana scorsa ho incontrato la sorella di Dino Giuffrè.
TITTA: Mh.
VALERIO: Lo sai che cosa mi ha detto?
TITTA: Mh.
VALERIO: Che non vive più a Salerno. Lavora per l'Enel, su una montagna del Trentino Alto-Adige, lui ripara le linee. Sai quando ci sono le tormente e va via la luce? Ecco, lui si arrampica sui piloni e ripara la linea. Pure di notte, col freddo, il vento, il gelo...
TITTA: E allora?
VALERIO: Ti rendi conto che cazzo di lavoro infame s'è messo a fare Dino Giuffrè o no?
TITTA: È un lavoro come un altro.
VALERIO: Non è un lavoro come un altro. Vuol dire fare una vita di merda. Vuoi mettere col fare l'istruttore di surf? In mezzo ai Caraibi?
TITTA: Tu sei sempre stato un uomo superficiale. Anzi, non sei neanche un uomo. Sei soltanto un ragazzo.


SOFIA: Arrivederci a tutti.
DONNA: Arrivederci.
VALERIO: Ciao, cara.
SOFIA: Arrivederci. Insomma, io sono due anni che lavoro qui. E ogni giorno la saluto e lei non mi risponde. Per caso si è accorto che io esisto?
GIULIA: Pronto? Titta, sei tu?
VALERIO: Dovresti essere un po' più educato con quella ragazza. È una brava ragazza. Pure lei ci avrà i suoi problemi, come me, come te, come tutti. Cosa credi, che sei l'unico al mondo ad avere dei problemi?


VALERIO: Allora, ti ha fatto piacere o no che sono venuto?
TITTA: Molto.
VALERIO: Che bugiardo! Sei sempre stato un grande bugiardo!
TITTA: Forse sedermi a questo bancone è la cosa più pericolosa che ho fatto in tutta la mia vita.


SICARIO: Sei tu Di Girolamo?
TITTA: Per caso ho fatto qualcosa che... che non va? Se ho sbagliato, non me ne sono accorto. Allora? Siete venuti per me? Vorrei saperlo.
SICARIO: Non ti fare venire queste manie di protagonismo, Di Girolamo. Abbiamo fatto 1.500 km e siamo stanchi.
TITTA: Che significa?
SICARIO: Significa che hai fatto già quattro domande, e nel nostro ambiente una domanda già è di troppo. E poi, questo non è un quiz e io non sono un tuo concorrente. Perciò, da brava persona quale sei, ora placati. È lui.
NICOLÒ: Martuscello.
TITTA: Non funziona la televisione.
SICARIO: Ma come cazzo fai senza televisione? Vedi prima chi è.
TITTA: Chi è?
NICOLÒ: Io.
SICARIO: Com'è andata?
NICOLÒ: Bene.
SICARIO: Complicazioni?
NICOLÒ: A un certo punto, mi è venuta fame.
SICARIO: Aspetti a qualcuno? Pss pss! Ora puoi aprire, senza chiedere chi è.
TITTA: Non vi preoccupate, è la mia valigia.
SICARIO: Nicolò, finalmente l'hai capito dove va a finire tutto il nostro lavoro? Qua dentro.
NICOLÒ: Amunì!


TITTA: Non viene a prenderla uno dei suoi fidanzati, oggi?
SOFIA: Quali fidanzati?
TITTA: Quelli che l'aspettano qui fuori quando ha terminato il suo turno.
SOFIA: Non sono fidanzati, sono istruttori di scuola guida. Finisco di lavorare e faccio lezione, sto prendendo la patente.
TITTA: Ah. Per questo è lei a sedersi al posto di guida.
SOFIA: Non avrei mai detto che aveva notato tutte queste cose.
TITTA: I timidi notano tutto, ma sono molto bravi a non farsene accorgere.
SOFIA: Notano tutto o notano me?
FATTORINO: Ascensore al garage, subito!
I CONTABILE: Ultimo.
II CONTABILE: Ultimo.
DIRETTORE BANCA: Dottore, abbiamo un problema. Non ci tornano i conti. Risultano mancanti centomila dollari. Potremmo contarli di nuovo con le macchinette contasoldi? Che ne dice?
TITTA: Voglio che rimettiate sùbito tutto il danaro in valigia.
DIRETTORE BANCA: Ma no, non dica così. No, sicuramente si tratta di un nostro errore, guardi.
TITTA: Sicuramente te è venuto meno il patto di fiducia tra me e lei, Direttore. I soldi in valigia. E dia disposizione affinché venga estinto immediatamente il mio conto corrente.
DIRETTORE BANCA: Ma no, ma no, non... non precipitiamo le cose. Troviamo una soluzione. Eh, dottore? Si può fare così: i ragazzi contano di nuovo i soldi. Se dovesse confermarsi l'ammanco, la banca si farà carico di colmare con la propria disponibilità la cifra di centomila dollari. Eh? Che ne pensa?
TITTA: Se mi avesse ucciso mia madre, mi sentirei meno offeso. Se ho capito bene, lei sta proponendo a me di accettare dalla sua banca l'elemosina di centomila dollari? Perdere ad Asso pigliatutto con un baro dilettante non vuol dire non essere in grado di eseguire alla perfezione un bluff ad alti livelli. Per assicurarsi una buona riuscita, il bluff dev'essere condotto fino in fondo, fino all'esasperazione. Non c'è compromesso. Non si può bluffare fino a metà e poi dire la verità. Bisogna essere pronti ad esporsi al peggior rischio possibile: il rischio di apparire ridicoli. Signori, io sto solo aspettando che rimettiate il danaro in valigia.
CONTABILE: Direttore, non ci siamo accorti che nella valigia c'erano altre quattro mazzette da venticinquemila.
TITTA: Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini, Direttore. Oggi, per lei, è stato un giorno sbagliato.
DIRETTORE BANCA: Chiamate il fattorino e fate portare i soldi nel caveau.


SOFIA: Come mi stanno? Ho capito. Le piacciono di più quelle che ho provato prima.
COMMESSA: A lei, prego.
SOFIA: Grazie.


CARLO: Ma che significa?
TITTA: Significa che ho smesso di perdere.


SOFIA: A proposito, devo farle vedere una cosa.
TITTA: Anch'io devo farle vedere una cosa.
SOFIA: Bella! Chissà quanto le è costato quest'aggeggio.
TITTA: Centomila dollari.
SOFIA: Ha fatto un'ottima cosa. Quest'auto la svecchierà un po'.
TITTA: Ma non è mia, è sua.
SOFIA: Sta scherzando?
TITTA: Io ce l'ho già una macchina.
SOFIA: Io non posso accettare un regalo del genere.
TITTA: Si dice sempre così in questi casi, no?
SOFIA: No, non ha capito: accettare questa macchina significa alterare completamente i nostri rapporti.
TITTA: Io voglio alterare completamente i nostri rapporti.
SOFIA: Vuole comprarmi? Non si regala una macchina così a una persona che neanche si conosce.
TITTA: Io la conosco.
SOFIA: Lei mi conosce? E che cosa sa di me? Sentiamo. Che cosa vuole da me? La deve finire con questa recita del silenzio. Non funziona sempre. Ora deve dire qualche cosa. Parli!
TITTA: Cosa devo dire? Che ne so? Che cosa si dice in questi casi? Io sono un commercialista.
SOFIA: Io non accetterò mai questa macchina.
TITTA: Perché? Perché?


SOFIA: Volevo... vedere dove abitava.
TITTA: Le piace la mia stanza?
SOFIA: È una stanza.
TITTA: È la mia stanza.
SOFIA: Potrebbe accendere la luce?
TITTA: Perché è venuta?
SOFIA: Mi sentivo in colpa.
TITTA: Lei si è sentita necessaria, per questo è venuta. Ma io non ho bisogno di nessuno.
SOFIA: Per accettare un regalo io ho bisogno di sapere chi è che mi fa il regalo.
TITTA: Mi chiamo Titta. Di Girolamo. Da 24 anni, ogni mercoledì mattina, alle dieci, faccio uso regolare di eroina. Non ho mai fatto eccezioni, tranne stasera. Dieci anni fa ero un commercialista, ma un commercialista... Insomma, ero qualcuno nella Borsa, io. Ho negoziato anche l'acquisto di una... petroliera. Mica è facile negoziare l'acquisto di una petroliera. Investivo miliardi. Ho investito anche per Cosa Nostra. Per loro ho investito 250 miliardi, in due ore ne ho persi 220. Ma hanno capito che non me li sono messi in tasca. Mi hanno fatto la grazia e... mi hanno chiuso qua. In questo albergo. Da qua, una o due volte la settimana, trasporto una valigia con dentro milioni di dollari in una banca, ma non sono affiliato a Cosa Nostra. Ho una pistola, ma non l'ho mai usata. Soffro di insonnia. Sono separato da mia moglie da dieci anni. Ho tre figli. Spesso gli telefono, ma non mi vogliono parlare. Domani faccio 50 anni. È il mio compleanno, ma non mi sento stanco.
SOFIA: Domani... andremo a festeggiare il tuo compleanno fuori città. In montagna. Verrò a prenderti alle tre con la mia macchina. E adesso dormi, che sei stanco.


SICARIO: Se mi guardi in faccia, ti sparo. Bravo! Ora mi devi dire due cose: dove sono le chiavi della macchina e il codice dell'antifurto.
TITTA: Le chiavi sono nel primo cassetto della scrivania. Il codice è 2250.
SICARIO: Bene. Ora, quando ce ne andiamo, chiama Pippo D'Antò, e se ci riesci, prova a convincerlo che non sei stato tu.
TITTA: Pippo, so' Di Girolamo.
PIPPO D'ANTÒ: Dimmi, Di Girolamo.
TITTA: M'hanno preso la valigia.
PIPPO: Che cazzo dici?
TITTA: Due siciliani che sono stati qua qualche giorno fa.
PIPPO: Ma che cazzo dici? Quelli sono due cugini miei.
TITTA: Ma se ti dico che sono entrati in camera e hanno visto arrivare un'altra valigia.
PIPPO: Non dire minchiate. Senti, devi venire qui.
TITTO: A fare che?
PIPPO: Ma non capisci? A convincere Nitto che non sei stato tu.
TITTA: Io? Ma che c'entro io?
PIPPO: E questo lo spieghi a Nitto.
TITTA: Ni... Nitto Lo Riccio?
PIPPO: Bravo, stronzo! Ma che fai, il nome, pure? Se ti vuoi salvare, spiega subito a Nitto come stanno le cose.
TITTA: Non posso. Ho un appuntamento. Vengo fra due giorni.
PIPPO: Ma che appuntamento e appuntamento! Già tieni una speranza su mille di salvarti! Se poi non vieni sùbito....
TITTA: Vengo fra due giorni.


DIRETTORE: Dottore, ma oggi non è il primo del mese.
TITTA: Non sono mai stato amato da nessuno, io.


TITTA: Sono Di Girolamo. Parto oggi alle 18:30.
PIPPO: Ti preleviamo all'aeroporto.
TITTA: Bene.
PIPPO: Come ti riconosco? Non ti vedo da quindici anni.
TITTA: Non sono cambiato.
ISABELLA: Questi sono per lei. Dovrebbe corrispondere alla cifra che ha perso nel corso di questi mesi. Ho dovuto vendere un ricordo di mia madre. Le voglio dire un'altra cosa: non c'era nessun motivo di umiliare mio marito in quel modo. È un uomo anziano. Bastava che lei smettesse di giocare. Lei è una persona cattiva, dottore. Arrivederci.


TITTA: È venuto qualcuno per me?
PORTIERE: No, dottore.
TITTA: Messaggi?
PORTIERE: Nessuno.
TITTA: Pippo. So' Di Girolamo.
PIPPO: Non ti avevo riconosciuto.
TITTA: Dove andiamo?
PIPPO: Siamo già arrivati. Ma che minchia hai da ridere, DI Girolamo?
TITTA: Niente. Pensavo.
PIPPO: Che cosa?
TITTA: Pensavo che non riesco a liberarmi degli alberghi. Non è assurdo?
PIPPO: Assurdo? Qua di assurdo c'è che hai fatto scomparire una valigia con 9 milioni di dollari. Questo è assurdo.
NATALE: È arrivato.
NITTO LO RICCIO: Raccontami con frasi concise come sono andate le cose.
TITTA: Dunque, due persone entrano nella stanza. Mi puntano una pistola e si prendono la valigia. Prima, però, mi chiedono le chiavi della mia macchina e il codice numerico dell'antifurto. Io do entrambe le cose. Poi uno mi dice: "Adesso chiama Pippo D'Antò e convincilo che non sei stato tu, se ci riesci". Mi metto paura, però rifletto. Faccio una cosa, poi chiamo Pippo. Espongo i fatti. Lui mi dice di venire subito qua a spiegarmi con lei, e però mi dice pure che non sarà facile convincerla che non sono stato io a rubare la valigia. Io mi metto ancora più paura, però rifletto rapidamente e mi dico che devo assolutamente provare a recuperare la valigia. E così ho fatto. L'ho recuperata. Adesso la valigia ce l'ho io.
NITTO: E che bisogno c'era di venire fino a qua? Bastava che andavi in banca, a depositare i soldi. Poi ci telefonavi e ci dicevi che era tutto a posto. Solo un contrattempo.
TITTA: C'è stato un altro contrattempo. Per questo sono qua.
NITTO: Che contrattempo?
TITTA: Io la valigia non ve la voglio dare.
NITTO: Notaio, come avrà già capito, il conto corrente di Di Girolamo lo dobbiamo intestare a un'altra persona. Le serve Di Girolamo per fare quest'operazione?
NOTAIO: No. Mi serve un telefono e ci parlo io con gli svizzeri.
NITTO: Bene. Bene. Torniamo a noi. Ma perché non ce la vuoi dare la valigia?
TITTA: Voi vi siete rubati la vita mia. E io mi rubo la valigia vostra.
NITTO: Ho capito. Ma se non c'è valigia, non c'è vita.
TITTA: Questo lo so.
NITTO: Ci dirai dove hai messo la valigia.
TITTA: No. Non credo.
NITTO: E lo sai perché? Perché sei una brava persona. E perché siamo più intelligenti di te.
TITTA: Questo è vero, non sono mai stato molto... intelligente.
NITTO: Ahiahi... Balduccio, che ristorante prenotasti pì stasira?
BALDUCCIO: Da Restelli.
NITTO: Ah, bravo. Si mangia bene là.


NATALE & ORNELLA VANONI: Ci vuol passione, molta pazienza, sciroppo di lampone e un filo di incoscienza / Ci vuol farina del proprio sacco, sensualità latina, e un minimo distacco.
ORNELLA VANONI: Si fa così, rossetto e cioccolato e non mangiarli sarebbe un peccato / Si fa così, si cuoce a fuoco lento, mescolando con sentimento.
SICARIO: Buttana d'a miseria.
ORNELLA VANONI: Le calze nere, il latte bianco e già si può vedere che piano sta montando / È quasi fatta / zucchero a velo / la gola è soddisfatta...
TITTA: Vengo fra due giorni.
ORNELLA VANONI: Si fa così: è tutto apparecchiato per il cuore, per il palato...
NATALE: Lo sai che Nitto ti vuole bene a te?
TITTA: Cosa?
ORNELLA VANONI: Sarà bello bellissimo travolgente lasciarsi vivere totalmente / dolce dolcissimo e sconveniente: coi bei peccati succede sempre.
NATALE: Nitto. ti vuole bene. Quando ha saputo dell'ammanco di centomila dollari, ha fatto finta di niente. E ti ha creduto pure quando gli hai raccontato la storia dei due che ti hanno preso la valigia. E tu come lo ripaghi? Facendo l'ostile con lui.
TITTA: M'ha creduto?
NATALE: Certo! Se non ti avesse creduto, ora Pippo starebbe ancora qua, con noi.
ORNELLA VANONI: Ci vuol fortuna perché funzioni, i brividi alla schiena e gli ingredienti buoni, è quasi fatta... zucchero a velo... la gola è soddisfatta e nella stanza il cielo.
NATALE: Era da un po' che Pippo cercava una sua autonomia. Ora è autonomo. Però Nitto non può fare finta di niente davanti a nove milioni di dollari. Lo capisci questo? E daccilla 'sta minchia i valigia, e ti rifarai un'altra vita.
ORNELLA VANONI: Si fa così: è tutto apparecchiato per il cuore, per il...
NATALE: Si è scomodata mezza commissione per te, Di Girolamo. Questo onore dovrebbe farti parlare e invece tu.... Comunque... Funziona così, Di Girolamo: la gru ti fa scendere. Appena cominci a parlare, si ferma. Altrimenti non si ferma.
TITTA: Una cosa sola è certa. Io lo so. Ogni tanto, in cima a un palo della luce, in mezzo a una distesa di neve, contro un vento gelido e tagliente, Dino Giuffrè si ferma, la malinconia lo aggredisce, e allora si mette a pensare. E pensa che io, Titta Di Girolamo, sono il suo migliore amico.

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(2007)