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Regia: Zack Snyder

 

Cast: Gerard Butler (Leonida), Lena Headey (Gorgo), David Wenham (Dilio), Dominic West (Terone)

 

Trama: L'epico graphic novel di Frank Miller pervade lo schermo con sangue, lampi, tuoni e timore reverenziale nel suo feroce stile visivo fedelmente ricreato con la sapiente miscela di live action e CGI animation. Nel raccontare l'antica battaglia delle Termopili, descrive lo scontro titanico nel quale re Leonida e trecento Spartani combatterono fino alla morte contro Serse e il suo imponente esercito persiano.


DELIO: Quando il bambino nacque, come tutti gli Spartani fu esaminato: fosse stato piccolo, o gracile, o malato, o deforme, sarebbe stato scartato. Quando fu in grado di reggersi in piedi ricevette il battesimo del fuoco al combattimento. Gli insegnarono a non indietreggiare mai, a non arrendersi mai. Gli insegnarono che la morte sul campo di battaglia al servizio di Sparta era la gloria più grande che la vita avrebbe potuto offrirgli. All'età di sette anni, secondo le usanze di Sparta, il ragazzo fu strappato dalle braccia della madre e scaraventato in un mondo di violenza. Forgiato da trecento anni di una società guerriera, quella di Sparta, in grado di creare i migliori soldati che il mondo abbia mai conosciuto. L'Agoghé, come viene chiamata, costringe il ragazzo a combattere, lo riduce alla fame, lo costringe a rubare, e se necessario a uccidere. Con verghe e fruste il ragazzo fu punito, addestrato a non mostrare dolore, né pietà. Costantemente messo alla prova, gettato nella foresta, lasciato a misurare ingegno e volontà contro la furia della natura. Era la sua iniziazione, affrontare la foresta. Da lì sarebbe tornato alla sua gente, da Spartano... o non sarebbe tornato affatto. Il lupo comincia a girare intorno al ragazzo, artigli di acciaio nero, pelo scuro come notte, occhi rossi di fuoco, gioielli dalle cave dell’inferno. Il lupo gigante annusa... assapora il profumo del pasto imminente. Non è la paura a governarlo, ma solo una cresciuta percezione delle cose, l’aria fredda nei polmoni, i pini piegati dal vento della notte che incombe... Le sue mani sono ferme, la sua forma... perfetta.


DELIO: E così il ragazzo, dato per morto, ritorna al suo popolo, alla sacra Sparta, da re, il nostro Re! Leonida!
SPARTANI: Auh! Auh! Auh!
DELIO: Sono passati più di trent'anni da quel lupo e dal freddo dell’inverno, e oggi, come allora, una belva si avvicina, paziente e sicura, assapora il pasto imminente. Ma questa belva è fatta di cavalli e uomini, di lance e spade, un’armata di schiavi vasta oltre l’immaginabile, pronta a divorare la piccola Grecia, pronta a soffocare la sola speranza che ha il mondo di giustizia, e ragione. La belva si avvicina, ed è stato re Leonida, proprio lui, a provocarla.
LEONIDA: Così. Allora... quanto più suderai qui, tanto meno sanguinerai in battaglia. Mio padre mi ha insegnato che la paura è una compagnia costante, ma accettarla ti renderà più forte.
CAPITANO: Mia regina, un emissario persiano attende Leonida.
LEONIDA: Ricorda sempre: la vera forza di uno Spartano è il guerriero al suo fianco. Perciò dagli rispetto e onore, e li riceverai a tua volta. Prima, combatti con la testa.
GORGO: Poi combatti con il cuore.
LEONIDA: Che cosa c'è?
GORGO: Un messaggero persiano ti aspetta.
LEONIDA: Non dimenticare la lezione di oggi.
PLEISTARCO: Rispetto e onore.
LEONIDA: Rispetto e onore.
GORGO: Consigliere Terone, ti scopri necessario per una volta.
TERONE: Mio re e mia regina, intrattenevo solo i vostri ospiti.
LEONIDA: Ne sono certo. Prima che tu parli, Persiano, sappi che a Sparta ogni uomo, finanche il messaggero di un re, risponde personalmente delle parole che pronuncia. Dunque, quale messaggio ci porti?
MESSAGGERO: Terra e acqua.
LEONIDA: Tu sei venuto fin qua dalla Persia per terra e acqua.
GORGO: Non essere riservato né stupido, Persiano, non puoi permettertelo a Sparta.
MESSAGGERO: Perché questa donna osa parlare tra gli uomini?
GORGO: Perché solo le donne spartane partoriscono uomini veri.
LEONIDA: È meglio camminare, raffredderemo le nostre lingue.
MESSAGGERO: Se la vita del tuo popolo vale di più della tua totale disfatta, ascoltami bene, Leonida: Serse conquista e controlla tutto quello su cui il suo sguardo si posa. La sua armata è tanto imponente da far tremare la terra al suo passaggio, tanto vasta che per abbeverarsi prosciuga i fiumi. Tutto ciò che Serse, il dio re richiede è questo: una semplice offerta di terra e acqua. Un segno della sottomissione di Sparta al volere di Serse.

LEONIDA: Sottomissione... Questo può essere un problema. Vedi, si mormora che gli Ateniesi si siano già rifiutati. E se quei filosofi, e se quegli... effeminati hanno trovato tanto coraggio...
TERONE: Dobbiamo essere diplomatici.
LEONIDA: E ovviamente gli Spartani hanno una reputazione da difendere.
MESSAGGERO: Scegli le tue prossime parole con attenzione, Leonida, potrebbero essere le tue ultime da re.
LEONIDA: Terra e acqua.
MESSAGGERO: Tu sei pazzo! Pazzo!
LEONIDA: Terra e acqua. Oh, ne troverai in grande abbondanza laggiù.
MESSAGGERO: Nessuno, né persiano né greco, minaccia un messaggero.
LEONIDA: Tu porti le corone e le teste dei re sconfitti fin sulla soglia della mia Sparta, tu insulti la mia regina, tu minacci il mio popolo di schiavitù e morte. Oh, ho scelto le mie parole con attenzione, Persiano, forse avresti dovuto fare lo stesso.
MESSAGGERO: Questa è blasfemia! Questa è pazzia!
LEONIDA: Pazzia? Questa è Sparta!

I EFORO: Benvenuto, Leonida. Ti stavamo aspettando.
DELIO: Gli Efori, sacerdoti degli antichi dei, porci incestuosi, più animali che uomini. Animali che perfino Leonida deve corrompere, e supplicare, perché nessun re Spartano è mai andato in guerra senza la benedizione degli Efori.
LEONIDA: I Persiani dicono che le loro forze contano milioni di uomini. Spero per il nostro bene che esagerino. Ma non c'è dubbio, affronteremo la più imponente armata che sia stata mai adunata.
II EFORO: Prima di svelare il tuo piano, che cosa hai da offrire?
LEONIDA: Useremo la nostra superiore abilità in combattimento, e il terreno della nostra Grecia per annientarli. Marceremo a nord, verso la costa, dove mi accerterò che...
I EFORO: È il secondo mese, Leonida. La luna piena si avvicina.
II EFORO: Le sacre e antiche feste. A Sparta è vietato muovere guerre al tempo delle Carnee.
LEONIDA: Sparta brucerà! I suoi uomini moriranno combattendo, e le sue donne e i suoi bambini diventeranno schiavi o peggio! Ascoltate: bloccheremo l'attacco dei Persiani sulla costa, ricostruendo iI grande Muro focese, e poi li faremo incanalare nel passo di montagna chiamato Termopili. Così, in quell'angusto corridoio, il loro numero non conterà niente. Allora onda dopo onda l'attacco persiano si infrangerà contro gli scudi spartani Serse subirà perdite così grandi, e i suoi uomini saranno così demoralizzati che non avrà altra scelta che abbandonare la sua campagna.
I EFORO: Dobbiamo consultare l'oracolo. Ascolta gli dèi, Leonida.
LEONIDA: Io preferirei che ascoltaste la vostra ragione.
I EFORO: Le tue blasfemie ci sono già costate tanto, Leonida. Non ne vogliamo altre. Ora consulteremo l'oracolo.

DELIO: Vecchi mistici malati. Inutili resti del tempo che precedette l'ascesa di Sparta dalle tenebre. Resti di una tradizione senza senso. Una tradizione che neanche Leonida può sconfiggere, perché deve rispettare la parola degli Efori. Questa è la legge. E nessuno Spartano, suddito o cittadino, uomo o donna, schiavo o re, è al di sopra della legge. Gli Efori scelgono soltanto le più belle ragazze di Sparta perché dimorino tra loro come oracoli. La bellezza è la loro maledizione, perché quei vecchi miserabili hanno i bisogni degli uomini, e l'anima nera come l'inferno.
I EFORO: Prega i venti, Sparta brucerà. Tutta la Grecia brucerà. Non fidarti degli uomini, onora gli dèi. Onora le Carnee.
DELIO: La discesa del re è più ardua. Pomposi porci incestuosi. Inutili, malati, putridi... corrotti.
TERONE: Di certo ora avete il favore del dio-re, o saggi uomini sacri.
PERSIANO: Sì. E quando Sparta brucerà voi nuoterete nell'oro. Nuovi oracoli vi verranno offerti ogni giorno, da ogni remoto angolo dell'Impero.

GORGO: Le tue labbra possono finire ciò che le dita hanno iniziato? O l'oracolo ti ha derubato anche del desiderio?
LEONIDA: Ci vuole ben altro che le parole di una ragazza ubriaca per derubarmi del desiderio che ho per te.
GORGO: Allora perché sei distante?
LEONIDA: Perché sebbene sia solo una schiava nelle mani di uomini lascivi e vecchi l'oracolo con le sue parole può dare alle fiamme tutto ciò che amo.
GORGO: È per questo che il mio re perde il sonno ed è strappato al calore del suo letto? Le parole di una sola donna dovrebbero condizionare l'umore di mio marito: le mie.
LEONIDA: E che cosa deve fare un re per salvare il suo mondo quando le stesse leggi che ha giurato di proteggere lo costringono a non fare niente?
GORGO: La domanda non è cosa dovrebbe fare un cittadino Spartano, o un marito, o un re. Devi chiederti invece, amore mio adorato, cosa farebbe un uomo libero.

LEONIDA: Ci sono tutti, Capitano?
CAPITANO: Come hai ordinato. Trecento. Tutti con figli maschi che tramandino il loro nome.
STELIO: Sire, siamo con te! Per Sparta! Per la libertà! Fino alla morte!
LEONIDA: È tuo figlio. Troppo giovane per aver provato il calore di una donna.
CAPITANO: Ne ho altri con cui rimpiazzarlo. Ma Astinos è coraggioso e pronto quanto loro. E non è più giovane di come eri tu la prima volta che mi affiancasti in battaglia.
LEONIDA: Tu sei un buon amico, ma di capitani migliori non ce n'è.
I CONSIGLIERE: Mio buon re. Mio buon re, l'oracolo ha parlato.
II CONSIGLIERE: Gli Efori hanno parlato. Non ci dev'essere alcuna marcia.
TERONE: È la legge, mio signore. L'armata spartana non deve andare in guerra.
LEONIDA: Non ci andrà. Io non ho dato simili ordini. Sono qui per fare una passeggiata, sgranchirmi le gambe. Questi trecento uomini sono le mie guardie personali. La nostra armata resterà a Sparta.
TERONE: E tu dove andrai?
LEONIDA: Non ci ho ancora riflettuto, però... ora che me lo chiedi, suppongo che me ne andrò a nord.
TERONE: Le Termopili.
CAPITANO: In marcia!
SPARTANO: In marcia!
CONSIGLIERE: Che facciamo?
TERONE: Che possiamo fare?
LEONIDA: Che puoi fare? Sparta avrà bisogno di figli.
GORGO: Spartano!
LEONIDA: Sì, mia signora.
GORGO: Ritorna con il tuo scudo, o su di esso.
LEONIDA: Sì, mia signora.
DELIO: "Addio amore mio". Non lo dice. Non c'è spazio per la tenerezza, non a Sparta. Non c'è posto per la debolezza. Solo i duri e i forti possono definirsi Spartani. Solo i duri. Solo i forti.

DELIO: Marciamo per le nostre terre, per le nostre famiglie, per la nostra libertà. Marciamo.
LEONIDA: Daxos, che piacevole sorpresa!
DAXOS: È un mattino pieno di sorprese, Leonida.
I ARCADE: Ci hanno ingannati: sono solo poche centinaia.
II ARCADE: Questa sì che è una sorpresa.
DAXOS: Silenzio!
III ARCADE: È questa la loro armata?
DAXOS: Sapevamo che Sparta era sul piede di guerra, bramavamo di unirci a voi.
LEONIDA: Se è sangue che cercate, siete i benvenuti tra noi.
DAXOS: Tu vuoi affrontare Serse solo con questo pugno di soldati? Credevo che Sparta avrebbe almeno eguagliato il nostro numero.
LEONIDA: Non è così? Tu, dimmi, qual è il tuo mestiere?
IV ARCADE: Sono un vasaio, signore.
LEONIDA: E Tu, Arcade, qual è il tuo mestiere?
V ARCADE: Scultore, signore.
LEONIDA: Scultore. E tu?
VI ARCADE: Fabbro, signore.
LEONIDA: Spartani! Qual è il vostro mestiere?
SPARTANI: Auh! Auh! Auh!
LEONIDA: Visto caro amico? Ho portato molti più soldati di te.
DELIO: Non è fatta per il sonno questa notte, non per il re. Ognuno dei suoi 40 anni ha tracciato una strada verso questo scintillante momento del destino, questo radioso fragore di scudi e lance, spade e ossa, carne e sangue. Il suo unico rimpianto è avere così pochi uomini da sacrificare.

ASTINOS: Siamo stati seguiti.
LEONIDA: Ci sta seguendo fin da Sparta.
STELIO: Mio re! Guarda! Cosa è successo qui? Dove sono gli abitanti?
LEONIDA: Persiani.
CAPITANO: È opera di circa venti soldati.
LEONIDA: Un drappello in esplorazione. Però queste impronte...
SPARTANO: Dietro di noi! Un bambino.
BAMBINO: C'è silenzio ora. Sono... Sono arrivate. Le belve sono arrivate dalle tenebre. Con gli artigli e le zanne. Li hanno afferrati. Tutti. Tranne me.
SPARTANO: Gli abitanti. Li ho trovati.
STELIO: Gli dèi non hanno alcuna pietà?
DAXOS: Siamo spacciati.
CAPITANO: Silenzio, Arcade.
DAXOS: Il bambino parla degli spiriti persiani, già noti nei tempi antichi. Cacciano le anime degli uomini. Non conoscono morte o sconfitta. Non queste tenebre. Non questi immortali.
LEONIDA: Immortali. Metteremo alla prova il loro nome.

DELIO: Nelle Termopili, marciamo. Nello stretto corridoio, marciamo. Dove i numeri di Serse non contano niente. Spartani: cittadini soldati, schiavi liberati, tutti i greci coraggiosi. Fratelli, padri, figli, marciamo. Per l'onore, per il dovere, per la gloria, marciamo.
ASTINOS: Guardate! Persiani!
DELIO: Nella bocca dell'inferno, marciamo. Guardiamo quei bastardi senza madre accolti dalle braccia amorevoli della nostra Grecia. Vieni.
LEONIDA: Vero. Si sente aria di pioggia.
DELIO: Zeus infilza il cielo con tuoni e fulmini, e flagella le navi persiane con vento di tempesta. Magnifico! Solo uno tra noi conserva il suo spartano riserbo. Solo lui. Solo il nostro re.

CONSIGLIERE: Mia regina? Mia regina, la corte è un posto più adatto per una donna sposata.
GORGO: Le dicerie e il protocollo sono l'ultima delle mie preoccupazioni, Consigliere.
CONSIGLIERE: Tale segretezza è necessaria?
GORGO: Come fidarmi al di fuori della mia casa? Persino qui Terone ha occhi e orecchie che foraggiano Sparta di dubbi e paure.
CONSIGLIERE: Parli come se Sparta cospirasse contro di te.
GORGO: Io vorrei che fosse solo contro di me.
CONSIGLIERE: Molti membri del Consiglio voterebbero per offrire tutto ciò che abbiamo e seguire Leonida, ma devi mostrarti favorevole.
GORGO: E tu farai in modo che io parli al Consiglio? Se è ragione che vogliono, parlerò perché sappiano.
CONSIGLIERE: Sappiano cosa, mia regina?
GORGO: Che la libertà non viene regalata, che esige il più elevato dei tributi, il tributo del sangue.
CONSIGLIERE: Farò ciò che posso per riunire il Consiglio. E in quella camera risuonerà la tua voce.
GORGO: Ti sono debitrice.
CONSIGLIERE: No. Leonida è il mio re, tanto quanto il tuo.
DAXOS: Ho visto le navi infrangersi sulle rocce. Com'è possibile?
STELIO: Era solo una frazione della mostruosa armata con cui Serse ci sfida.
DAXOS: Non c'è speranza di vittoria. Perché sorridi?
STELIO: Arcade, ho combattuto innumerevoli volte, ma non ho mai incontrato un avversario
in grado di offrirmi quella che noi chiamiamo "una splendida morte". Spero soltanto, ora che tutti i guerrieri del mondo sono riuniti contro di noi, che ce ne sia uno tra loro all'altezza del còmpito. Ah, ah, ah!

EMISSARIO: Muoversi! Non vi fermate, cani! Muoversi! Avanti, ho detto! Fermi! Chi è al comando qui? Io sono l'emissario di colui che comanda il mondo. Il dio degli dèi, il re dei re. E in base a questa autorità io pretendo che uno di voi mi mostri il vostro comandante. Ascoltate, credete di spaventarci perché avete trucidato quella misera dozzina di soldati? Queste colline brulicano di nostri esploratori. E credete forse che il vostro patetico muro abbia altro destino se non crollare come un cumulo di foglie secche davanti alla...
STELIO: I nostri antenati costruirono questo muro. Usarono pietre antiche prelevate dal cuore della Grecia. E con l'aiuto di qualche Spartano i vostri esploratori ci hanno procurato la malta.
EMISSARIO: Voi pagherete per questa vostra barbarie! Il mio braccio!
STELIO: Non è più tuo, ormai. Ora vai, corri dal tuo Serse e digli che qui troverà uomini liberi ad affrontarlo, non schiavi. Fallo in fretta, prima che decidiamo di alzare ancora il nostro muro!
EMISSARIO: No, non schiavi, le vostre donne diverranno schiave, i vostri figli, le vostre figlie, i vostri anziani diverranno schiavi, ma non voi, no! Prima di mezzogiorno voi diverrete cadaveri! Cento nazioni dell'Impero Persiano stanno per piombare su di voi! Le nostre frecce oscureranno il sole.
STELIO: Allora combatteremo nell'ombra.

CAPITANO: Il muro è solido. Riusciremo a incanalare i Persiani verso le Termopili.
LEONIDA: Capitano, c'è una strada fra le colline alle nostre spalle?
CAPITANO: Nessuna, signore.
EFIALTE: Esiste quella strada, buon re. Proprio dietro quel crinale a occidente. È un vecchio sentiero per le capre. I persiani potrebbero usarlo per aggirarci.
CAPITANO: Non avvicinarti di un passo, mostro!
EFIALTE: Saggio Re, ti chiedo umilmente udienza.
CAPITANO: Ti infilzerò lì dove sei.
LEONIDA: Io non ho dato quest'ordine. Perdona il Capitano. È un buon soldato, ma è un po' a corto di buone maniere.
EFIALTE: Non c'è niente da perdonare, prode re. Conosco bene il mio aspetto.
LEONIDA: Tu vesti il cremisi degli Spartani.
EFIALTE: Io sono Efialte, un figlio di Sparta. L'amore di mia madre costrinse i miei genitori a lasciare Sparta, altrimenti sarei stato scartato.
LEONIDA: Il tuo scudo, e la corazza?
EFIALTE: Mio padre, signore. Ti supplico, prode re, permettimi di redimere il nome di mio padre servendo te in combattimento. Mio padre mi ha addestrato a non provare timore, a far sì che lancia, e scudo, e spada siano parte di me come il mio cuore pulsante. Saprò meritare la corazza di mio padre, nobile re, servendo te in questa battaglia.
LEONIDA: Hm! Un buon affondo.
EFIALTE: Ucciderò molti persiani.
LEONIDA: Solleva lo scudo.
EFIALTE: Signore?
LEONIDA: Solleva lo scudo più in alto che puoi. Tuo padre avrebbe dovuto insegnarti come agisce la nostra falange. Noi combattiamo come una singola, impenetrabile unità. Questa è l'origine della nostra forza. Ogni spartano protegge l'uomo alla sua sinistra, dalla coscia al collo, con il suo scudo. Un solo punto debole, e la falange va in pezzi. Dalla coscia al collo, Efialte. Sono spiacente, amico mio, ma non tutti siamo fatti per essere soldati.
EFIALTE: Ma io...
LEONIDA: Se vuoi essere d'aiuto in una vittoria di Sparta...
EFIALTE: Sì.
LEONIDA: ... porta via i morti in battaglia, soccorri i feriti, porta loro acqua. Ma per quanto riguarda il combattimento non posso far uso di te.
EFIALTE: Madre! Padre! Vi sbagliavate! Ti sbagli, Leonida! Ti sbagli!

LEONIDA: Invia i Focesi al sentiero delle capre. E prega gli dèi che nessuno ne riveli l'esistenza ai Persiani.
CAPITANO: Il terremoto.
LEONIDA: No, capitano. Formazioni da battaglia. Qui è dove li bloccheremo! Qui è dove combatteremo! Qui è dove moriranno!
CAPITANO: Onorate gli scudi, Spartani!
SPARTANI: Auh!
LEONIDA: Ricordate questo giorno, uomini, perché questo giorno è vostro e lo sarà per sempre!
PERSIANO: Spartani! Arrendetevi e deponete le armi!
LEONIDA: Persiani! Venite a prenderle!
CAPITANO: Fermi!
LEONIDA: Non cedete loro niente! Ma prendete da loro tutto!
CAPITANO: Tenere! Spingere!
STELIO: Non sapete fare di più?
CAPITANO: Spingere! Spingere!
LEONIDA: Ora!
CAPITANO: Spingere! Niente prigionieri!
SPARTANI: Auh!
LEONIDA: Nessuna pietà!
SPARTANI: Auh!

CAPITANO: Sembrano assetati.
LEONIDA: Bene, diamogli qualcosa da bere. Verso la scogliera! Alt!
CAPITANO: Inizio memorabile. Auh!
SPARTANI: Auh!
CAPITANO: Al riparo!
LEONIDA: Persiani codardi.
ASTINOS: Ah, ah, ah, ah!
STELIO: Ma che diavolo hai da ridere?
ASTINOS: Sei stato tu a dirlo.
STELIO: Cosa?
ASTINOS: "Combatteremo nell'ombra". Ah, ah, ah, ah!
CAPITANO: In posizione!
LEONIDA: Quest'oggi, non moriranno spartani!
CAPITANO: Calma, figliolo.
DELIO: Facciamo quello per cui siamo stati addestrati, per cui siamo stati cresciuti, per cui siamo nati. Niente prigionieri, nessuna pietà. Un inizio memorabile.

CONSIGLIERE: Temevo non riuscissi a venire.
GORGO: Mi dispiace, mio figlio sta...
CONSIGLIERE: Sta facendo quello che fanno i bambini. Ti prego, non scusarti con me. Il prossimo anno tuo figlio inizia l'Agoghé. Ed è sempre un periodo molto arduo per una madre spartana.
GORGO: Sì, è molto arduo, ma è anche necessario.
CONSIGLIERE: Dunque, parlerai al cospetto del Consiglio. Due giorni da oggi.
GORGO: Mio marito non li ha due giorni.
CONSIGLIERE: Pensa a questi due giorni come a un regalo. Non è un segreto, Terone vuole ciò che tu controlli. È la sua voce che devi far tacere. Fa' di lui un tuo alleato e otterrai la vittoria.
GORGO: Ti ringrazio. Sei cortese quanto saggio.
TERONE: Ah, ecco tua madre. Devi avere più cura di lui se vuoi che diventi re. Che sventura se capitasse qualcosa al bimbo, o alla sua splendida madre.

CAPITANO: I nostri compagni greci implorano una stoccata ai Persiani, sire.
LEONIDA: Bene. Preparerò qualcosa di adatto a loro. Di' a Daxos che voglio lui e venti dei suoi soldati più bramosi e sobri, pronti per la prossima carica.
STELIO: Re Leonida.
LEONIDA: Stelio, riprendi fiato, ragazzo.
STELIO: Sì, mio signore. I Persiani si avvicinano. Un piccolo contingente, troppo piccolo per un attacco.
LEONIDA: Capitano, ti lascio il comando.
CAPITANO: Ma, sire...
LEONIDA: Non temere, vecchio amico. Se loro uccidono me, tutta Sparta andrà in guerra. Tu prega che siano così stupidi. Prega che siamo così fortunati. Inoltre... non c'è nessun motivo per non essere civili, non credi?
CAPITANO: Nessuno, sire.
LEONIDA: Fammi indovinare. Tu devi essere... Serse.
SERSE: Vieni, Leonida. Ragioniamo insieme. Sarebbe un riprovevole spreco, sarebbe nient'altro che una follia se tu, prode re, e i tuoi valorosi soldati periste a causa di una semplice incomprensione. Le nostre culture hanno molto da condividere.
LEONIDA: Se non l'hai notato abbiamo condiviso la nostra cultura con voi tutto il mattino.
SERSE: La tua è una tribù affascinante. Persino ora sei spavaldo di fronte all'annientamento, e in presenza di un dio. Non è saggio mettersi contro di me, Leonida Immagina quale orribile fato attende i miei nemici quando io ucciderei con gioia ognuno dei miei uomini per la vittoria.
LEONIDA: E io morirei per ognuno dei miei.
SERSE: Voi greci amate la vostra logica. Ti suggerisco di adoperarla. Pensa alla splendida terra che tanto vigorosamente difendete. Figuratela ridotta in cenere per un mio capriccio. Pensa al destino delle vostre donne.
LEONIDA: È ovvio che non conosci le nostre donne. Avrei potuto portare anche loro qui, a giudicare da quello che ho visto. Tu possiedi molti schiavi Serse, ma pochi guerrieri. Non passerà molto tempo prima che temano le mie lance, più della tua frusta.
SERSE: Non sono le sferzate che temono, è il mio divino potere. Ma io sono un dio generoso. Farò di te un uomo smisuratamente ricco. Diverrai Generale di tutta la Grecia. Tu porterai il mio stendardo di battaglia fino al cuore dell'Europa. I tuoi rivali Ateniesi si inginocchieranno ai tuoi piedi, se solo tu ti inginocchierai ai miei.
LEONIDA: Sei tanto generoso quanto divino, o re dei re. È un'offerta che soltanto un pazzo potrebbe rifiutare. Ma questa... questa idea di inginocchiarmi... è... Vedi, massacrare tutti quegli uomini delle tue armate mi ha procurato un fastidioso crampo alla gamba, e inginocchiarmi è piuttosto arduo per me.
SERSE: Non ci sarà alcuna gloria nel tuo sacrificio. Presto cancellerò persino il ricordo di Sparta dagli annali. Ogni pergamena scritta dai Greci verrà bruciata! A ogni storico Greco, a ogni scriba verranno cavati gli occhi, e la lingua sarà loro mozzata! Chiunque evocherà il solo nome di Sparta o di Leonida sarà punibile con la morte! Il mondo non saprà mai che siete esistiti, Leonida.
LEONIDA: Il mondo saprà che degli uomini liberi si sono opposti a un tiranno. Che pochi si sono opposti a molti. E prima che questa battaglia sia finita, che persino un dio-re può sanguinare.
STELIO: Ti sei battuto bene oggi, da vera donna.
ASTINOS: Sì, anche tu. Forse se io fossi ferito terresti il mio passo.
STELIO: Forse ero talmente più avanti di te che non mi vedevi.
ASTINOS: Forse stavi offrendo il tuo aiuto ai Tespiani.
STELIO: La gelosia non ti si addice, amico mio.
LEONIDA: Sbrigatevi! Ammassate quei Persiani. Perché, a meno che non mi sbagli, questa sarà una notte di furore.

DELIO: Hanno servito l'oscuro volere dei re Persiani per cinquecento anni. Occhi bui come la notte. Denti aguzzi come zanne. Senz'anima. La guardia personale di re Serse. I migliori guerrieri Persiani. La macchina di combattimento più letale di tutta l'Asia. Gli Immortali. Il dio-re ha rivelato un difetto fatale: la superbia. Facile da provocare, facile da ingannare. Prima che ferite e stanchezza impongano il loro tributo, il re pazzo ci scaglia contro la sua armata migliore. Serse ha mangiato l'esca.
LEONIDA: Spartani, spingere!
DELIO: Immortali... mettiamo alla prova il loro nome.
ASTINOS: Padre!

SPARTANO: Mio re!
LEONIDA: Arcadi, adesso!
DAXOS: Forza! Mostriamogli cosa sappiamo fare! Ora!
DELIO: Urlano e imprecano, affondando coltellate furenti, più addestrati alle risse che alla guerra. Creano una magnifica confusione. Coraggiosi dilettanti, fanno la loro parte. Immortali. Non superano la prova del nostro re. E un uomo che si ritiene un dio sente un brivido molto umano risalire lungo la schiena.

CAPITANO: Al nostro re! Auh!
SPARTANI: Auh!
CAPITANO: E ai nostri morti!
SPARTANI: Auh!
STELIO: Ora Serse chi manderà contro di noi?
SPARTANO: Niente può più fermarci ormai!
SPARTANI: Auh! Auh! Auh!
DELIO: Persino il re si concede di sperare in qualcosa di più della gloria. Una speranza folle, eppure esiste: "Contro le sconfinate orde asiatiche, contro ogni probabilità, possiamo farcela. Possiamo difendere le Termopili. Possiamo vincere". L'alba. Schioccano le fruste. Urlano i barbari. Chi è nelle retrovie urla: "Avanti!". Chi è davanti grida: "Ritirata!". Siamo testimoni del grottesco spettacolo sputato fuori dall'angolo più oscuro dell'Impero di Serse. Quando i muscoli falliscono, chiedono aiuto alla loro magia. Cento nazioni piombano su di noi, le armate di tutta l'Asia. Incanalati in questo angusto corridoio, il loro numero non conta niente. Cadono a centinaia. Rimandiamo i corpi mutilati e i fragili cuori ai piedi di Serse. Re Serse è scontento dei suoi generali. Li castiga. Serse invia i suoi mostri dall'altra metà del mondo. Ma sono bestie goffe, e le cataste di morti persiani sono scivolose.

ASTINOS: Ancora qui?
STELIO: Qualcuno deve guardarti le spalle!
ASTINOS: Non ora, ho da fare!
LEONIDA: Nei ranghi! Astinos!
CAPITANO: Figliolo! Astinos! No!
DELIO: Il giorno si trascina. Perdiamo pochi uomini, ma ognuno dei caduti è un amico, o sangue del nostro sangue. E nel vedere il corpo decapitato del suo giovane figlio, il Capitano esce dai ranghi. È furente, assetato di sangue.
CAPITANO: Ah.... Aaah! Aaah! Aaah!
DELIO: Le urla di dolore del Capitano per la perdita del figlio spaventano il nemico più dei cupi tamburi di battaglia. Ci vogliono tre uomini per tenerlo fermo e riportarlo in formazione. Il giorno è nostro. Nessuno canta canzoni.

SERSE: I tuoi dèi sono stati crudeli a darti queste forme, amico Efialte. Gli Spartani, anche loro, sono stati crudeli a rifiutarti. Ma io sono buono. Tutto ciò che hai mai desiderato, tutta la felicità che tu possa immaginare, tutti i piacere che i tuoi compagni greci e i tuoi falsi dèi ti hanno negato, sarò io a concederteli. Perché sono buono. Abbracciami come tuo dio e tuo re!
EFIALTE: Sì.
SERSE: Conduci i miei soldati al sentiero nascosto che sfocia alle spalle degli Spartani, e le tue gioie non avranno fine.
EFIALTE: Sì, io voglio tutto! Ricchezza! Donne! E un'altra cosa... Voglio un'uniforme.
SERSE: Sia. Scoprirai la mia bontà. A differenza del crudele Leonida che ti ha imposto di alzarti, io esigo soltanto che ti inginocchi.

TERONE: Magnifica notte.
GORGO: Sì, ma non ti ho convocato per futili chiacchiere, Terone.
TERONE: Non ho alcun dubbio. Non hai mai sprecato parole con me.
GORGO: Ti offro qualcosa? Da bere, magari?
TERONE: È, veleno?
GORGO: Mi dispiace deluderti, è solo acqua.
TERONE: Mi hanno riferito che parlerai al cospetto del Consiglio.
GORGO: Sì. Mi serve il tuo aiuto perché mandino l'armata a nord, dal nostro re.
TERONE: Certo. Già ci vedo, noi due che parliamo insieme. Il politico da un lato, la guerriera dall'altro, due voci all'unisono. Ma perché mai dovrei farlo?
GORGO: Dimostrerebbe il tuo attaccamento al re, che in questo momento combatte per l'acqua che beviamo.
TERONE: Vero. Ma questa è politica, non guerra. Leonida è un idealista.
GORGO: Conosco quelli come te. Mandate uomini al massacro per puro guadagno.
TERONE: Tuo marito, il nostro re, ha portato trecento dei nostri migliori uomini al massacro. Ha infranto le leggi, ed è partito, senza il consenso del Consiglio. Sono semplicemente realista.
GORGO: Tu sei un opportunista.
TERONE: Tu sei sciocca quanto Leonida se credi che gli uomini non abbiano prezzo in questo mondo. Non tutti gli uomini nascono uguali. È il codice di Sparta, mia piccola regina. Ammiro la tua passione. Ma non credere che tu, una donna, seppur regina, possa presentarti davanti ai Consiglieri e condizionarne il pensiero. Io possiedo quell'Assemblea. Sono tutti cera nelle mie mani. Potrei spezzare la tua vita in questo istante. Ti presenterai davanti al Consiglio, ma le tue parole saranno vane. Leonida non riceverà il minimo rinforzo, e se mai ritornerà, senza il mio aiuto verrà imprigionato, o peggio. Tu ami la tua Sparta?
GORGO: Sì.
TERONE: E il tuo re?
GORGO: Lo amo.
TERONE: Tuo marito combatte per la sua terra e il suo amore. Tu che cos'hai da offrire in cambio del mio impegno a inviare le nostre armate a nord?
GORGO: Cosa vuole un realista dalla sua regina?
TERONE: Credo che tu lo sappia. Sappi che non finirà tanto presto, e che non sentirai piacere. Io non sono il tuo re.

LEONIDA: Delio. Spero che quel... graffio non ti abbia reso inservibile.
DELIO: No, mio signore. È solo un occhio. Gli dèi me ne hanno concesso uno di scorta.
LEONIDA: Il mio Capitano?
DELIO: Rinnega gli dèi e piange da solo.
DAXOS: Leonida! Siamo finiti! Finiti, ti dico! Moriremo!
LEONIDA: Daxos, càlmati ora.
DAXOS: Un gobbo traditore ha guidato gli Immortali di Serse al sentiero nascosto! I Focesi di guardia si sono dispersi senza combattere! La battaglia è finita, Leonida!
LEONIDA: La battaglia sarà finita solo quando io dirò che è finita!
DAXOS: Prima dell'alba gli Immortali ci accerchieranno! Le Termopili cadranno!
LEONIDA: Spartani! Preparatevi alla gloria!
DAXOS: Gloria? Sei diventato pazzo? Non c'è più gloria in questa battaglia!. Solo la ritirata o la resa. O la morte.
LEONIDA: Beh, questa è una scelta facile per noi, Arcade! Gli Spartani non si ritirano mai! Gli Spartani non si arrendono mai! Va', e diffondi la notizia. Che ognuno dei Greci qui riuniti abbia coscienza di tutta la verità. Che ognuno di loro cerchi nel proprio animo. E visto che ci sei, cerca anche nel tuo.
DAXOS: I miei uomini partiranno con me. Gli dèi siano con te, Leonida. Ah!
LEONIDA: Figli miei! Figli miei. Ascoltate. Non ci ritiriamo, non ci arrendiamo. Questa è la legge di Sparta. Noi obbediamo alla legge di Sparta, e quindi restiamo, ci battiamo, e moriamo. Una nuova era è cominciata. Un'era di libertà. E tutti sapranno che trecento Spartani hanno dato la vita per difenderla.
SPARTANI: Auh! Auh! Auh!
CAPITANO: Amico mio. Ho vissuto l'intera mia vita senza alcun rimpianto fino ad ora. Non rimpiango che mio figlio abbia dato la vita per la sua Nazione. Rimpiango di non avergli mai detto che l'amavo più di ogni cosa. Che è stato al mio fianco con onore. Che aveva preso solo il meglio da me.
LEONIDA: Il mio cuore è spezzato dal tuo dolore.
CAPITANO: Cuore? Ho riempito il mio cuore di odio.
LEONIDA: Bene.

LEONIDA: Delio. Facciamo una passeggiata.
DELIO: Sì, mio signore. Ma, sire, io sto bene e pronto a combattere.
LEONIDA: Non ne dubito, sei uno dei migliori. Ma hai anche un'altra dote, a differenza degli altri Spartani. Tu andrai al Consiglio di Sparta a riferire i miei ultimi ordini. Con forza e vigore. Racconta la nostra storia. Che ogni Greco sappia cosa che è successo qui. È una grande storia da raccontare. Una storia di vittoria.
DELIO: Vittoria? Sì, mio signore. Sire, nessun messaggio...
LEONIDA: Per la regina? Nessuno per cui servano parole.
DELIO: A centinaia vanno via. Un manipolo resta. Uno soltanto si guarda indietro.
LEONIDA: Spartani! Preparate la colazione e mangiate tanto, perché stasera ceneremo nell'Ade!

CONSIGLIERE: Permettetemi ora di cedere la parola alla moglie di Leonida, regina di Sparta.
I CONSIGLIERE: Che vuol dire?
II CONSIGLIERE: Niente.
GORGO: Signori del Consiglio, vengo davanti a voi non solo come vostra regina. Vengo da voi come madre. Vengo da voi come moglie. Vengo da voi come donna di Sparta. Vengo da voi con grande umiltà. Non sono qui a rappresentare Leonida. Le sue gesta parlano più forte di qualsiasi mia parola. Sono qui per tutte quelle voci non ascoltate, madri, figlie, padri, figli. Trecento famiglie che sanguinano per i nostri diritti, e per i princìpi su cui si fonda quest'Assemblea. Noi siamo in guerra, signori miei. Dobbiamo inviare l'intera armata di Sparta perché il nostro re possa difendere non soltanto noi stessi ma anche i nostri figli. Inviare l'armata per la difesa della libertà. Inviarla per la giustizia. Inviarla per la legge e l'ordine. Inviarla per la ragione. Ma soprattutto dobbiamo inviare questa armata per la speranza. La speranza che un re e i suoi uomini non siano sacrificati alla storia. Che il loro coraggio riesca a unirci. Che le loro gesta ci rendano più audaci. E che la vostra scelta di oggi rifletta il loro valore.
I CONSIGLIERE: Trecento uomini.
II CONSIGLIERE: Non abbiamo scelta.
III CONSIGLIERE: Dobbiamo inviare i soldati.
TERONE: Commovente, eloquente, appassionata. Ma di certo non cancella il fatto che tuo marito abbia portato la guerra su di noi.
GORGO: No, ti sbagli. Serse ha portato la guerra, e prima di lui suo padre Dario, a Maratona. I Persiani non si fermeranno finché l'unico riparo che troveremo saranno macerie e caos.
TERONE: A quest'Assemblea non servono lezioni di storia, mia regina.
GORGO: E qual è la lezione che vorresti lasciare? Devo cominciare a elencarle tutte? Onore, dovere, gloria...
TERONE: Tu parli di onore, dovere, e gloria? E perché non di adulterio?
CONSIGLIERE: Come osi?
TERONE: Come oso? Osservatela, con attenzione. Questa donna non è altro che una lestofante. Non prenderti gioco di questa sacra assemblea, o mia regina. Qualche ora fa hai offerto il tuo corpo a me. Fossi un uomo più debole, avrei ancora il suo profumo addosso.
CONSIGLIERE: È un oltraggio!
TERONE: Ah! Parla l'ipocrita! Non ti è stato proposto un pagamento simile, che hai accettato, in cambio di un'udienza con questi nobili uomini?
GORGO: Questo è falso!
TERONE: Non è così? Non sei stata tu che l'hai invitato a incontrarti nella stanza da letto del Re, lo stesso letto dove poi hai provato a negoziare con me così vigorosamente?
I CONSIGLIERE: Non è possibile!
II CONSIGLIERE: Come può tollerare...
III CONSIGLIERE: La stanza da letto del Re...
TERONE: Sembri stravolta. Corruzione della carne, signori miei, mentre suo marito promuove anarchia e guerra.
I CONSIGLIERE: È vero!
II CONSIGLIERE: Ha ragione!
TERONE: Le parole fuggono persino dalle lingue più taglienti, mia immorale regina. Un comportamento da vera sovrana! Allontanatela dall'Assemblea prima che ci infetti oltre con la sua abietta e indegna presenza.
GORGO: Sappi che non finirà tanto presto, e che non sentirai piacere. Io non sono la tua regina.
CONSIGLIERE: Traditore.
CONSIGLIERI: Traditore! Traditore! Traditore! Traditore! Traditore! Traditore!

MESSAGGERO: Leonida, ti porgo i complimenti, le mie congratulazioni. Hai di certo trasformato una calamità in vittoria. Malgrado la tua intollerabile arroganza il dio-re ha ammirato il valore e l'abilità guerriera dei tuoi soldati. Diventerai un potente alleato.
EFIALTE: Arrenditi, Leonida. Usa la ragione, pensa ai tuoi uomini. Ti prego!
MESSAGGERO: Da' ascolto al tuo amico greco. Lui può testimoniare della generosità del divino. Malgrado i tuoi innumerevoli oltraggi, malgrado le tue orribili blasfemie, il Signore delle Armate è pronto a perdonare tutto, e inoltre a ricompensare i tuoi servigi. Tu combatti per le tue terre, puoi tenerle. Tu combatti per Sparta. Sarà più ricca e più potente di quanto sia mai stata prima. Tu combatti per la tua sovranità. Sarai proclamato generale di tutta la Grecia e risponderai solo all'unico, vero padrone del mondo. Leonida, la tua vittoria diverrà completa se solo deporrai le armi e ti inginocchierai davanti al sacro Serse.
DELIO: Sono passati più di trent'anni da quel lupo e dal freddo dell'inverno. E oggi, come allora, non è la paura a governarlo, ma solo l'irrequietezza, un'accresciuta percezione delle cose. La brezza marina bacia di fresco il sudore sul petto e sul collo. I gabbiani gridano. Si lamentano, anche se banchettano su migliaia di corpi galleggianti. Il respiro regolare dei trecento uomini alle sue spalle, pronti a morire per lui senza un attimo di esitazione. Ognuno di loro pronto a morire. L'elmo lo soffoca. Lo scudo è pesante.
MESSAGGERO: La lancia.
LEONIDA: Efialte, dico a te. Possa tu vivere in eterno.
MESSAGGERO: Leonida, la tua lancia!

LEONIDA: Stelio!
SERSE: Trucidateli!
DELIO: L'elmo lo soffocava, gli limitava la visuale, e lui deve vedere lontano. Lo scudo era pesante, gli sottraeva equilibrio, e il suo bersaglio è molto lontano.
CAPITANO: Aaah! Aaah! Aaah!
DELIO: Gli anziani dicono che noi Spartani discendiamo da Eracle. Il prode Leonida dà testimonianza della nostra discendenza. Il suo urlo è prolungato e intenso.
STELIO: Mio re... È un onore morire al tuo fianco.
LEONIDA: È un onore aver vissuto al tuo. Mia regina! Moglie mia. Mio amore.

DELIO: "Ricorda chi eravamo". L'ordine più semplice che un re possa dare. "Ricorda perché siamo morti". Lui non desiderava tributi, o canzoni, o monumenti, o poemi di guerra e coraggio. Il suo desiderio era semplice: "ricorda chi eravamo", così mi ha detto. Era la sua speranza. Se un anima libera dovesse arrivare in questo luogo, negli innumerevoli secoli di là da venire, possano tutte le nostre voci sussurrarti dalle pietre senza età, "va' a dire agli Spartani, viandante, che qui, secondo la legge di Sparta, noi giacciamo". E così il mio re è morto. E i miei fratelli sono morti. Appena un anno fa. A lungo ho pensato alle parole del mio re, criptiche parole di vittoria. Il tempo gli ha dato ragione, perché da greco libero a greco libero si è tramandata la notizia che il prode Leonida e i suoi trecento soldati, così lontani da casa, hanno dato la vita, non solo per Sparta, ma per tutta la Grecia e per la speranza difesa da questa nazione. Ora, qui su questo aspro frammento di terra chiamato Platea, le orde di Serse affrontano la loro disfatta!
SPARTANI: Auh!
DELIO: Lì davanti i barbari si raccolgono, è nero il terrore che afferra saldo i loro cuori, con dita di ghiaccio; conoscono molto bene gli impietosi orrori che hanno sofferto per le lance e le spade dei trecento spartani, e ora fissano lo sguardo su questa pianura dove ci sono diecimila Spartani alla testa di trentamila liberi Greci! Auh!
SPARTANI: Auh! Auh! Auh!
DELIO: Le forze del nemico ci superano di sole tre volte! Buon segno per tutti i Greci. Quest'oggi noi riscattiamo il mondo dal misticismo e dalla tirannia e lo accompagniamo in un futuro più radioso di quanto si possa immaginare. Dite grazie soldati, a Re Leonida e ai prodi trecento! Alla vittoria!
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(2009)