SMOKE

Regia: Wayne Wang

Cast: William Hurt (Paul), Harvey Keitel (Auggie), Stockard Channing (Ruby), Harold Perrineau, Jr (Rashid), Forest Whitaker (Cyrus).

 

Trama: Cinque sconosciuti. Quattro segreti. Tre schemi. Due migliori amici. Ed un angolo del quartiere dove il mondo ha ancora senso.


TOMMY: Te lo dico io perché non arrivano mai da nessuna parte.
DENNIS: Perché non arrivano da nessuna parte, Tommy?
TOMMY: I dirigenti.
DENNIS: Ah, ah, Gesù!
JERRY: Oooh!
TOMMY: Quei ragazzi se ne vanno in giro con il culo al posto della testa.
JERRY: Sì, giusto.
DENNIS: Sì, hanno fatto qualche buon acquisto. Carter, Hernandez...
JERRY: Sì, fortuna.
DENNIS: Senza di loro quando mai entravano nella World Series?
TOMMY: Ma che c'entra questo?
JERRY: Ha ragione. Ha ragione.
TOMMY: È stato quattro anni fa! Io parlo di adesso!
DENNIS: Sì.
TOMMY: Guarda chi hanno venduto...
DENNIS: Sì.
TOMMY: ... McDowell, Mitchell...
DENNIS: Sì.
TOMMY: ... Backman, Aguillera, Dykstra, Mookie. Mookie, Mookie! Mookie Wilson, perdio.
JERRY: Ah, però, ti prego, ti prego, non ti scordare Nolan Ryan, eh?
DENNIS: Sì. Amos Otis.
JERRY: Ah, ah, ah, ah, ah! Amos Otis!


Estate 1990
DENNIS: La squadra era buona. La migliore fottuta squadra di baseball. E l'hanno dovuta rovinare!
PAUL BENJAMIN: Ehilà, Auggie, come va?
AUGUSTUS "AUGGIE" WREN: Ehi, amico. Mi fa piacere vederti. Cosa ti servo?
PAUL: Due scatole di Schimmelpennincks, e... e anche un accendino, già che ci sei.
AUGGIE: Con i ragazzi stavamo facendo una discussione filosofica sulle donne e i sigari
PAUL: Ah, sì, bene. Suppongo che siate partiti dalla regina Elisabetta.
AUGGIE: La regina d'Inghilterra?
PAUL: Sì, non Elisabetta II, Elisabetta I. Mai sentito parlare di sir Walter Raleigh?
TOMMY: Sì, certo, quel tizio che buttò il mantello nel pantano.
JERRY: Io! Io fumo le Raleigh. Sì. Ci trovo sempre un buono premio nel pacchetto.
PAUL: Proprio lui. Beh, Raleigh fu la persona che introdusse il tabacco in Inghilterra, e siccome era... uno dei favoriti della regina, la regina Bess - così la chiamava - fumare divenne popolare, perché di moda a corte. Sono sicuro che la vecchia... la vecchia Bess ogni tanto si fumava un sigaro con sir Walter. Una volta scommise con lei che avrebbe misurato il peso del fumo.
JERRY: Cioè pesare il fumo?
PAUL: Esatto. Pesare il fumo.
TOMMY: Ma non si può fare. È come pesare l'aria
JERRY: Eh, già!
PAUL: Sì, può sembrare strano, è come pesare l'anima di qualcuno. Ma sir Walter era un tipo furbo: prese un sigaro ancora intatto, e... e lo mise su una bilancia, e lo pesò. Poi lo accese, e fumò il sigaro, bene attento che la cenere cadesse nel piatto della bilancia. Quando ebbe finito, mise il mozzicone nel piatto insieme alla cenere, e pesò quanto era rimasto. Poi sottrasse il nuovo peso dal peso originale del sigaro intatto. La differenza era il peso del fumo.


AUGGIE: È uno scrittore. Abita da queste parti.
TOMMY: Scrittore o più che altro sottoscrittore?
AUGGIE: Ma che divertente! Qualche volta penso che dovresti farti vedere da un dottore. Sai, una bella terapia, qualcosa per riempire i buchi che hai in testa.
JERRY: Oh, oh, oh, oh!
TOMMY: Era una battuta, Auggie.
AUGGIE: È un romanziere. Paul Benjamin. Mai sentito? Ah, già, domanda stupida. L'unica cosa che leggete sono i risultati delle corse e le pagine sportive del Post. Ha pubblicato quattro libri. Ultimamente però niente.
DENNIS: E come mai? Gli son volate via le idee?
AUGGIE: Gli è volata via la fortuna. Vi ricordate la rapina qui, nella Settima Strada?
TOMMY: Sì.
DENNIS: Qualche anno fa.
JERRY: Quella alla banca, no? Quando spararono in strada all'impazzata.
AUGGIE: Morirono quattro persone, e una di quelle era la moglie di Paul.
JERRY: Oh, cavolo!
TOMMY: Accidenti.
AUGGIE: Quel poveraccio non è più stato lo stesso. Combinazione, lei era passata di qui poco prima, per comprargli i soliti sigari. Una gran brava signora. Era incinta di quattro o cinque mesi, il che vuol dire che con lei uccisero anche il bambino.
JERRY: Oooh...
TOMMY: Eh, una bella giornata da cancellare.
AUGGIE: Da cancellare, sì. Sapete, a volte penso che se quel giorno non mi avesse dato i soldi contati, o se magari il negozio fosse stato un po' più pieno, forse ci avrebbe messo di più ad uscire di qui, e non sarebbe andata incontro a quella pallottola. Sarebbe ancora viva, e il bambino sarebbe nato. Ehi! Che diavolo stai facendo, ragazzino? Brutto figlio...
JIMMY ROSE: Eh, eh, eh!


THOMAS JEFFERSON "RASHID" COLE: Ehi! Stai più attento, amico! Così prima o poi ti fanno secco!


1. Paul
PAUL: È la legge dell'universo. Per favore, permettimi di fare qualcosa per te, ristabilire... l'equilibrio.
RASHID: Messaggio ricevuto. Se mi viene in mente qualcosa manderò il mio maggiordomo a dirtelo.
PAUL: Per favore, almeno... almeno ti posso offrire una tazza di caffè?
RASHID: Grazie, non bevo caffè. Beh, comunque, se insiste... una limonata fresca non mi dispiacerebbe.
PAUL: Bene! Io sono Paul.
RASHID: E io Rashid. Rashid Cole.
PAUL: Dimmi, se qualcuno ti offrisse un posto dove stare, non avresti motivo di rifiutare, giusto?
RASHID: La gente non fa queste cose. Non a New York.
PAUL: Io non sono la gente. Io sono io, e io faccio quello che mi va di fare, capisci?
RASHID: Ehm, grazie, ma me la caverò.
PAUL: Nel caso te lo stia chiedendo, mi piacciono le donne, non i ragazzini, e non... non ti sto offrendo un alloggio a lungo termine, ma... solo un posto dove stare per un paio di giorni.
RASHID: Grazie, so provvedere a me stesso.
PAUL: Come vuoi. Se dovessi cambiare idea... signorina! Su! Hai per caso una penna da prestarmi?
CAMERIERA: Mi riserve.
PAUL: Sì. Se per caso cambi idea... ecco il mio indirizzo.


AUGGIE & VINNIE: Ah, ah, ah, ah!
VINNIE: Non prendi mai niente sul serio tu, eh?
AUGGIE: Ah, ah, ah, ah! Ad ogni modo ci provo! Fa bene alla salute. Prendiamo te, Vincent. Tu sei quello con moglie e tre figlioletti e una bella villa a Long Island. Sei tu quello con le... con le scarpe bianche, e la Cadillac bianca, e i tappetini bianchi, ma hai avuto due infarti. Io ancora aspetto il mio primo.
VINNIE: Dovrei smetterla con questi cosi, ecco che dovrei fare.
AUGGIE: Eh!
VINNIE: Maledetti sigari, prima o poi mi ammazzeranno.
AUGGIE: Divertiti finché puoi, Vin. Tanto ci penserà la legge a farci smettere.
VINNIE: Eh, un giorno o l'altro basterà un sigaro per finire fucilati contro un muro.
AUGGIE: Oggi il tabacco, domani il sesso.
VINNIE: Hm.
AUGGIE: Tra tre o quattro anni sarà proibito sorridere agli sconosciuti.
VINNIE: A proposito, di' un po': vai sempre avanti con quella storia del contratto di Montecristos?
AUGGIE: È tutto a posto. Il mio uomo a Miami m'ha detto che è questione di settimane. Sicuro che non ci vuoi entrare?
VINNIE: Hm!
AUGGIE: Cinquemila dollari di investimento e diecimila di guadagno garantito. Un consorzio di avvocati e giudici che non vedono l'ora di mettere le labbra su un sigaro cubano.
VINNIE: Non mi importa quello che fai, solo non farti prendere, eh? A quanto ne so è ancora illegale fumare sigari cubani in questo Paese.
AUGGIE: È la legge che li compra! Proprio questo è il bello! Quando mai un giudice si è mandato in carcere da solo?
VINNIE: Fa' come vuoi, ma non tenere le scatole qui per troppo tempo.
AUGGIE: Entrano e escono, ho pianificato ogni minimo dettaglio.
VINNIE: Devo andare. Terry mi darà il tormento se arrivo tardi. Ci vediamo a settembre, Auggie.

AUGGIE: Okay, amico mio.


PAUL: È chiuso?
AUGGIE: Hai finito gli Schimmelpennincks?
PAUL: Ne potrei comprare un paio prima che te ne vada?
AUGGIE: Ma certo! Non devo andare all'opera o al club.
PAUL: Qualcuno ha dimenticato la macchina fotografica.
AUGGIE: Sì, io.
PAUL: È tua?
AUGGIE: Sì, proprio mia. Ce l'ho da un sacco di tempo, questa scatoletta.
PAUL: Non sapevo che eri un fotografo.
AUGGIE: Oddio, diciamo che è un hobby. Appena cinque minuti al giorno, ma... lo faccio ogni giorno. Con il sole e con la pioggia. Un po' come il postino, eh, eh!
PAUL: Allora non sei soltanto uno che mette i soldi in cassa.
AUGGIE: Beh, la gente mi vede così, ma... non è detto che io sia così.
PAUL: Sono tutte uguali.
AUGGIE: È vero. Quattromila fotografie dello stesso posto, l'angolo tra la Terza e la Settima, alle otto di mattina. Quattromila giorni con tutti i tipi di clima possibili. È per questo che non vado in vacanza, devo stare qui ogni mattina, alla stessa ora. Ogni mattina nello stesso posto alla stessa ora.
PAUL: Non ho mai visto niente del genere.
AUGGIE: È il mio progetto, quello che puoi chiamare il lavoro della mia vita.
PAUL: Pazzesco! Non sono sicuro di aver capito: insomma, come ti è venuta questa idea di fare questo progetto?
AUGGIE: Non lo so, mi è venuta. È il mio angolo, dopotutto. Sì, insomma, è una piccola parte del mondo, ma anche qui succedono delle cose, come in qualunque altra parte. È la documentazione del mio angolo.
PAUL: È un po' ossessivo. Ah, ah!
AUGGIE: Non capirai mai se non vai più piano, amico mio.
PAUL: Cosa vuoi dire?
AUGGIE: Voglio dire che vai troppo veloce, non guardi neanche le foto.
PAUL: Ma... ma sono tutte uguali.
AUGGIE: Sono tutte uguali, ma ognuna è differente dall'altra. Ci sono delle mattine di sole, delle mattine buie, ci sono luci estive e luci autunnali. Giorni feriali e fine settimana. C'è gente con l'impermeabile e le galosce, e gente con la maglietta e i pantaloncini. Qualche volta la stessa gente, qualche volta differente. Qualche volta quelli differenti diventano uguali, e la stessa gente scompare. La Terra gira intorno al sole, e ogni giorno la luce del sole colpisce la Terra da un'angolazione differente.
PAUL: Più piano, eh?
AUGGIE: È quello che consiglio. Lo sai com'è: domani, domani, domani... Il tempo mantiene sempre il suo ritmo.
PAUL: Oddio. Guarda. È Ellen.
AUGGIE: Sì, è proprio lei. Ce ne sono parecchie con lei di quell'anno. Probabilmente andava al lavoro.
PAUL: È Ellen. Guarda. Il mio amore adorato.


PAUL: Merda. Chi è?
RASHID: Rashid.
PAUL: Chi?
RASHID: Rashid Cole. Il ragazzo della limonata, si ricorda?
PAUL: Ah. Sì, vieni su. Entra. Non mi aspettavo di rivederti.
RASHID: Neanch'io. Ho avuto una lunga conversazione con il mio commercialista, per vedere se questa mossa poteva influire sulle tasse. Ha detto che non succederà nulla.


PAUL: È ora di alzarsi. Rashid, àlzati, devo mettermi a lavorare. La festa è finita.
RASHID: Che ore sono?
PAUL: Le otto e mezza.
RASHID: Le otto e mezza?
PAUL: In frigorifero ci sono uova, spremuta e latte. I cereali sono nella credenza, il caffè è caldo. Prendi quello che vuoi ma esci, devo mettermi al lavoro. Okay?


PAUL: Che cos'è questo fracasso? Sto cercando di lavorare!
RASHID: Scusa, mi sono scivolati.
PAUL: Un po' più di attenzione non guasterebbe, Cristo!


PAUL: Quanto tempo è che sei qui?
RASHID: Due notti.
PAUL: E per quanto tempo ti avevo detto che potevi rimanere?
RASHID: Un paio di notti.
PAUL: Allora... sembra che il tempo a nostra disposizione sia scaduto.
RASHID: Scusa se ho fatto casino. Sei stato gentile, ma le cose belle finiscono prima o poi.
PAUL: Non facciamo i suscettibili, okay? Questo è un appartamento molto piccolo, e io non ci riesco a lavorare con te intorno.
RASHID: Non devi scusarti. La costa sarà sicura ormai.
PAUL: Hai un posto dove andare?
RASHID: Certamente. Il mondo è la mia ostrica, qualsiasi cosa voglia dire.
PAUL: Ti servono soldi, vestiti?
RASHID: Né soldi né stracci. Sto bene, amico.
PAUL: Abbi cura di te, okay?
RASHID: Sì, anche tu. E attento al verde, prima di attraversare. Oh, comunque il tuo libro mi è piaciuto. Sei uno scrittore davvero straordinario.


2. Rashid
EMILY VAIL: Lei è Paul Benjamin?
PAUL: Posso esserle utile?
EMILY: Voglio solo sapere a che gioco gioca, tutto qui.
PAUL: Come ha fatto a entrare nel palazzo?
EMILY: Cosa vuol dire come ho fatto a entrare? Ho spinto la porta e sono entrata.
PAUL: La serratura si è rotta di nuovo. E allora lei piomba in casa d'altri. È questo il suo modo di fare? È così che è abituata?
EMILY: Sto cercando mio nipote, Thomas.
PAUL: Thomas? E chi è Thomas?
EMILY: Non mi prenda per stupida. Lo so che è stato qui.
PAUL: Eh...
EMILY: Non può prendermi in giro, signore.
PAUL: Le sto dicendo che non conosco nessuno di nome Thomas.
EMILY: Thomas Cole. Thomas Jefferson Cole, mio nipote.
PAUL: Vuol dire Rashid?
EMILY: Rashid? Rashid, è così che le ha detto di chiamarsi?
PAUL: Beh... comunque si chiami adesso non è più qui. Se... se n'è andato un paio di giorni fa, e non l'ho più sentito.
EMILY: E che ci faceva qui? Lo vorrei proprio sapere. Che ci fa un uomo come lei con un ragazzino nero come Thomas? È forse un pervertito o che altro?
PAUL: Ehi, piano, signora! Adesso esagera! Se non si calma la sbatto fuori in due secondi! Mi sono spiegato, signora?
EMILY: Voglio solo sapere dov'è.
PAUL: Per quanto ne so io è... è tornato dai suoi genitori.
EMILY: I genitori? Le ha detto questo? I suoi genitori?
PAUL: Così ha detto. Ha detto che viveva con la madre e il padre nella Settantaquattresima Strada.
EMILY: L'ho sempre saputo che aveva molta immaginazione, ma addirittura crearsi un'altra vita! Oh, Cristo! Le dispiace se mi siedo? Allora, lui vive con me e con suo zio fin da bambino, e noi non stiamo a Manhattan. Abitiamo a Boerum Hill, nelle case popolari.
PAUL: Vuol dire che non frequenta la Trinity?
EMILY: Frequenta il John Jay, terza liceo, a Brooklyn.
PAUL: Ah, ah! E i genitori?
EMILY: La madre è morta, e il padre non lo vede da più di dodici anni.
PAUL: Non dovevo lasciarlo andare. È successo qualcosa ultimamente? Un fatto nuovo, qualcosa di insolito?
EMILY: Beh, ci sarebbe una cosa, ma credo che non abbia niente a che vedere. Due settimane fa ha chiamato una mia amica e ha detto di avere visto il padre di Thomas che lavorava in una stazione di servizio nei dintorni di Peekskill.
PAUL: E lei lo ha detto a suo nipote.
EMILY: Credevo che avesse il diritto di saperlo.
PAUL: E poi?
EMILY: E poi niente. Mi ha guardato dritto negli occhi e ha detto: "Io non ho un padre. Per quanto mi riguarda quel figlio di puttana è morto".


CYRUS COLE: Ci vuoi stare tutto il giorno?
RASHID: Non lo so. Non ho ancora deciso.
CYRUS: Perché non ti vai a mettere da un'altra parte? Fa accapponare la pelle, lo sai, uno che ti fissa per ore?
RASHID: Siamo in un paese libero, no? Se non entro nella sua proprietà posso stare qui anche fino alla fine del mondo.
CYRUS: Ti voglio dare un'informazione utile, ragazzino. Ci sono due dollari e cinquantasette centesimi nella cassa. Facendo un calcolo rapido di tutto il tempo che sei stato qui, ti sei guadagnato appena cinquanta centesimi l'ora per la ricognizione. Comunque la metti, sei perdente. Okay?
RASHID: Non sto cercando di derubarla, signore. Le sembro un ladro?
CYRUS: Non lo so cosa sembri. Per quel che ne posso sapere io, sei spuntato dal nulla come un fungo. Sei di queste parti o sei... un vagabondo, diciamo?
RASHID: Sono solo di passaggio.
CYRUS: Sei solo di passaggio.
RASHID: Sì.
CYRUS: Un viaggiatore solitario che viene a posare lo zaino davanti al mio garage per ammirare il panorama. Beh, ci sono un sacco di posti migliori, sai ragazzino? Sai? Sì, insomma, tu non vuoi diventare una seccatura, vero?
RASHID: Lavoravo a un disegno. Quel suo garage è così... fatiscente, è piuttosto interessante.
CYRUS: Sì, è fatiscente, ma non è il tuo disegno che lo migliorerà. Fammi vedere che hai fatto.
RASHID: Se mi dà cinque dollari.
CYRUS: Cinque dollari?
RASHID: Sì.
CYRUS: Cinque dollari per guardare il tuo disegno?
RASHID: Dopo che l'avrà visto lo vorrà comprare. È garantito. E il prezzo sono cinque dollari. Quindi se non li vuole cacciare è meglio che non lo vede affatto. Se lo vede e basta soffrirà, e si sentirà un miserabile.
CYRUS: Oh... Figlio di puttana. Sei proprio un paraculo!
RASHID: È la pura verità, signore. Se la innervosisco però potrebbe anche pensare a darmi un lavoro.
CYRUS: Sono occhi quelli che hai in fronte o sono macchie marroni che escono fuori dalle orbite come marmo? Voglio dire, sei stato seduto qui tutto il giorno. Qua... quanti hai visto fermarsi per fare benzina?
RASHID: Nemmeno uno.
CYRUS: Nemmeno uno. Nemmeno uno.
RASHID: No.
CYRUS: Neanche un cliente.
RASHID: No.
CYRUS: Ho comprato questo pezzo di terra, questo pezzo di merda, circa tre settimane fa. Se non comincia a marciare presto mi ritrovo col culo per terra. Per che cazzo di motivo dovrei prendere a garzone qualcuno, me lo sai dire? Non ho un soldo neanche per me.
RASHID: Non era nient'altro che un'idea.
CYRUS: Beh, questa idea del cazzo ficcatela in tasca.
RASHID: E tu ficcaci le mani.


JIMMY: Auggie! Auggie! C'è un cliente.
RUBY McNUTT: Ciao, Auggie. Sei proprio tu? Non sei Auggie?
AUGGIE: Cristo, Ruby, ne è passato di tempo. Credevo fossi morta.
RUBY: Eh! Diciotto anni e mezzo.
AUGGIE: Soltanto? Mi sembravano trecento.
RUBY: Stai bene, Auggie.
AUGGIE: No, per niente. sto di merda. E anche tu, Ruby, non scherzi, eh? Come mai quella benda? Che ne hai fatto di quelle pietre blu? Le hai barattate con una bottiglia di gin?
RUBY: Preferisco non parlarne. Ma... se ci tieni a saperlo le ho perse, ma tanto meglio così. Erano maledette, mi hanno dato solo dispiaceri.
AUGGIE: E credi che sia meglio andare in giro vestita da Capitan Uncino?
RUBY: Sei sempre stato un figlio di puttana. Hai sempre avuto la lingua affilata.
AUGGIE: Io almeno sono coerente. È una qualità che non tutti hanno.
RUBY: Senti, sono venuta qui per parlarti di una cosa, e il minimo che tu possa fare è ascoltare quello che ho da dirti. Me lo devi. Sono venuta qui apposta da Pittsburgh e non me ne andrò se non mi avrai ascoltato.
AUGGIE: Bene. Parla pure, donna dei miei sogni. Sono tutt'orecchi.
RUBY: È una cosa fra me e te, forse dovremmo parlarne in privato.
AUGGIE: Hai sentito, pidocchio? La signora e io abbiamo una conversazione privata. Esci e mettiti davanti alla porta. Se qualcuno prova a entrare, digli che è chiuso, capito?
JIMMY: Sì, ho capito. Il negozio è chiuso. E quando devo dire che riapre?
AUGGIE: Quando io ti dico che è aperto. Riapre quando io ti dico che è aperto.
JIMMY: Okay. Capito. Non c'è da strillare.
AUGGIE: Va bene, tesoro, cos'hai in testa?
RUBY: Smettila di guardarmi così, mi fai venire i brividi.
AUGGIE: Così come?
RUBY: Così... questo modo di fissarmi, non ti mangio mica. Sono venuta qua per chiederti aiuto. Se continui a fissarmi così potrei mettermi a urlare.
AUGGIE: Aiuto, eh? Non credo che questo aiuto abbia niente a che fare con i soldi, vero?
RUBY: Non correre. Tu arrivi sùbito alle conclusioni. Non ho ancora aperto bocca. E poi... non è per me. È per nostra figlia.
AUGGIE: Nostra... figlia? Ho capito bene? Nostra figlia? Sia chiaro: tu forse avrai una figlia, ma io sono sicuro di non averne. E anche se così fosse, il che non è, non sarebbe nostra figlia.
RUBY: Si chiama Felicity. Ha appena compiuto 18 anni. E... Ed è scappata da Pittsburgh circa un anno fa.
AUGGIE: Ah, ah, ah!
RUBY: Vive qui a Brooklin con un tizio che si chiama Chico. Sta in qualche... qualche topaia e... e si fa di crack. È incinta di quattro mesi. Io non riesco a pensare a quel bambino, Auggie. È nostro nipote, mi credi? Nostro nipote.
AUGGIE: Basta così. Adesso finiscila con queste stronzate. È stata una tua idea di chiamarla Felicity?
RUBY: Sì. Vuol dire "felicità".
AUGGIE: Lo so cosa vuol dire. Comunque non è un bel nome.
RUBY: Non so proprio dove andare, Auggie.
AUGGIE: Mi hai già fregato una volta, tesoro. Perché adesso dovrei crederti?
RUBY: Ma perché ti dovrei mentire? Tu credi che sia facile venire a parlarti qui, in questo posto? Perché avrei dovuto farlo... se non fossi costretta?
AUGGIE: Me l'hai detto quando ho rubato quelle pietre per te. Ti ricordi, piccola, vero? Il giudice mi fece scegliere: o ti arruoli o vai in prigione. E così ho dovuto fare quattro anni di Marina invece di andare al college. Ho visto uomini rimanere senza gambe e braccia. Stavo quasi per lasciarci la pelle. E tu, dolce Ruby McNutt, tu sparisci e sposi quel... quello stronzo di Bill.
RUBY: Non mi scrivevi da oltre un anno. Cosa dovevo pensare?
AUGGIE: Sì, beh, avevo perso la penna. E quando ne ho trovato un'altra, non avevo più la carta.
RUBY: Era tutto finito con Bill quando sei tornato. Forse l'hai dimenticato, ma eri molto contento di vedermi allora.
AUGGIE: Tu eri piuttosto freddina, almeno all'inizio.
RUBY: Era finita, tesoro, così vanno le cose. Abbiamo passato anche dei bei momenti insieme.
AUGGIE: Un paio di momenti, sì. Questo sì.
RUBY: È proprio allora che Felicity è entrata in scena. In uno di quei due secondi.
AUGGIE: Non bluffare, dolcezza. Io non sono responsabile di nessun figlio.
RUBY: Credevo di farcela. Non volevo disturbarti, credevo di farcela. Da sola. Non ci sono riuscita. Lei è davvero nei guai, Auggie.
AUGGIE: Bella prova, amica mia. Mi piacerebbe aiutarti, in nome dei vecchi tempi.
CLIENTE: Ehi, giovanotto, ma che sta succedendo? Levati da qua.
AUGGIE: Ma ora non posso davvero.
JIMMY: Io non posso.
AUGGIE: Tutti i miei risparmi sono andati per un affare importante...
CLIENTE: Chiuso è?
AUGGIE: ... e non ho avuto il tempo di farci profitto. Peccato, ma sei capitata al momento sbagliato.
RUBY: Sei un gran bastardo con il cuore di pietra.
JIMMY: Io... io non posso.
RUBY: Come hai fatto a diventare così cattivo, Auggie?
AUGGIE: Lo so, credi che ti stia mentendo, ma ti sbagli.
CLIENTE: E io traso.
AUGGIE: Quello che ti ho detto è tutta verità.
CLIENTE: U voi capire? Io traso.
AUGGIE: Ehi, il negozio è chiuso. Non avete sentito quello che ha detto il ragazzo? Il negozio è chiuso!
CLIENTE: Il cartello dice che siete aperto dalle otto alle sei!
AUGGIE: Questo cazzo di negozio è chiuso!
CLIENTE: Va fa n'to culo!
AUGGIE: Va' a prendere un po' d'ossigeno, ciccione di merda!


CYRUS: Sai che ti dico? Vuoi lavorare? Ti do un lavoro. Vedi quella? Quella stanza sopra all'ufficio? C'è un casino di roba, neanche ci avessero buttato l'immondizia per vent'anni. Dev'essere pulita.
RASHID: Quanto mi dai?
CYRUS: Cinque dollari l'ora, questo passa il convento. Adesso sono quasi un quarto alle due. Mia moglie mi viene a prendere alle cinque e mezza, quindi hai tre ore. Se non riesci a finire oggi lo finisci domani.
RASHID: E mi versi anche i contributi o mi assumi solo come free-lance?
CYRUS: Contributi.
RASHID: Sì. Pensione. Assistenza medica. Ferie pagate. Non è carino sfruttare la gente. I lavoratori hanno i loro diritti.
CYRUS: Già. No, credo che ci muoviamo su una base strettamente da free-lance.
RASHID: Hm. Cinque dollari l'ora.
CYRUS: Ehm, sì.
RASHID: Va bene, accetto.
CYRUS: Oh. Cyrus Cole.
RASHID: Paul. Paul Benjamin.


CYRUS: Facciamo una pausa, ragazzo.
RASHID: Va bene.
CYRUS: Relax.
RASHID: Okay. Non per essere indiscreto, mi chiedevo cosa ti è successo al braccio.
CYRUS: Ah... vedi questa... brutta ferraglia? Ti dirò... ti dirò cosa mi è successo. Te lo voglio dire, sì. Eh... Dodici anni fa, Dio mi guardò. Disse: "Cyrus, sei cattivo, stupido, ed egoista. Per prima cosa darò al tuo corpo un'anima. Poi ti metterò al volante di una macchina. Poi avrai un incidente d'auto. Ucciderai la donna che ti ama. Ma a te, Cyrus, ti lascerò vivere, perché vivere è molto peggio che morire. Però tu non dovrai mai dimenticare cos'hai fatto a quella donna, perciò ti strapperò un braccio, e al suo posto ci metterò un uncino". Avrebbe potuto strapparmi tutt'e due le braccia, tutt'e due le gambe, ma - no - ebbe pietà, e mi strappò solo il braccio sinistro. Così ogni volta che guardo l'unico, ogni volta, mi ricordo quanto sono cattivo, stupido, e quanto sono egoista. "CHe sia una lezione per te, Cyrus, una lezione che ti serva per migliorare, un monito".
RASHID: E allora adesso sei migliorato.
CYRUS: No. Ci provo. Ogni giorno. Ehi!
DOREEN: Ehi! Uff!
CYRUS: Come stai? Tutto bene?
DOREEN: Se lavo un'altra testa di donna giuro che mi cadono le dita, ma sto bene.
CYRUS: Sono contento di vederti.
DOREEN: Sì?
CYRUS: Proprio contento, sì. Dorme.
DOREEN: È stanco anche lui.
CYRUS: Eh, già.
DOREEN: Guarda chi c'è! Papà! Cyrus, guarda!
CYRUS: Oooh! Aaah!
DOREEN: Adesso usciamo...
CYRUS: Ah! Oh! Ah, ah, ah! Ah, ah! Eccolo qui! Eh, eh!
DOREEN: Ehi, piano! Così.
CYRUS: Cyrus, su, andiamo a fare un giretto.


PAUL: Eh, eh, eh! Sei tu!
RASHID: Senti, volevo darti questo come segno della mia gratitudine.
PAUL: Gratitudine per cosa?
RASHID: Non lo so, per avermi aiutato. Allora?
PAUL: Dove sei andato a rimediarlo?
RASHID: L'ho comprato. Ventino... eh! Ventinove e novantacinque, a saldo, da Goldbaum Radio-TV. Beh, così adesso stiamo a posto. Ora potrai guardare le partite, sai, per riposarti ogni tanto.
PAUL: Dove credi di andare?
RASHID: A una riunione d'affari. Ho un appuntamento con il mio commercialista, alle due.
PAUL: Dacci un taglio, che ne dici? Vogliamo farla finita? Torna qui.
RASHID: Non ho proprio tempo.
PAUL: Chiudi la porta. Siedi su questa sedia. Adesso stammi bene a sentire. Tua zia Em è venuta qui, un paio di giorni fa. Lei era a pezzi per la preoccupazione, era fuori di sé. Abbiamo fatto una bella chiacchierata su di te, Thomas. Capisci quello che dico? Tua zia Em crede che tu sia nei guai. E anch'io. Raccontami tutto, ragazzo. Voglio sapere tutto, adesso.
RASHID: Tu non lo vuoi sapere veramente.
PAUL: No, eh? E in base a quale autorità vuoi stabilire quello che voglio o non voglio sapere?
RASHID: Okay, okay.
PAUL: Allora?
RASHID: Gesù... Okay. È davvero stupido. C'è un tizio, Charles Clemm, "il rettile", così lo chiama la gente. Il tipo di persona che non vorresti mai incontrare.
PAUL: E allora?
RASHID: E io l'ho incontrato, invece. Ecco perché sto lontano dal mio quartiere, per evitare di rincontrarlo.
PAUL: Questo ha a che fare con quel - qualunque cosa sia - che non dovevi vedere?
RASHID: Sì.
PAUL: Okay.
RASHID: Io passavo di lì per caso. Tutt'a un tratto il Rettile e quell'altro tizio escono come razzi dalla banca, con la maschera in faccia e la rivoltella stretta in pugno. Sono venuti proprio addosso a me. E il Rettile mi ha riconosciuto. E io so che lui sa che io l'ho riconosciuto. Se... se l'impiegato della banca non fosse uscito fuori strillando come un pazzo, mi avrebbe ucciso. Ti assicuro che il Rettile mi avrebbe sparato lì, in mezzo alla strada. Ma il rumore lo ha distratto, e quando si è voltato per vedere cosa succedeva io sono scappato. Ancora un secondo e sarei morto.
PAUL: Perché non vai alla polizia?
RASHID: Quell'uomo ha molti amici, e non credo che me la perdonerebbero se andassi a testimoniare contro di lui.
PAUL: E cosa ti fa credere di essere più al sicuro qui? Siamo appena a un miglio da casa tua.
RASHID: No, non è molto lontano, ma è un'altra galassia. Nero è nero, e bianco è bianco, e non si incontreranno mai.
PAUL: Beh, sembra che in quest'appartamento si siano incontrati.
RASHID: Cerchiamo di non fare troppo gli idealisti.
PAUL: Eh, eh, più che giusto. Non vorrei farmi prendere la mano adesso, eh, eh!
RASHID: No. Che c'è?
PAUL: Chiama tua zia Em, e dille che sei ancora vivo.


3. Ruby
RUBY: Auggie, sali in macchina. Voglio farti vedere una cosa.
AUGGIE: Non ti arrendi, eh?
RUBY: Sali in macchina e falla finita. Non ti sto chiedendo di fare niente. Ho solo bisogno che m'accompagni.
AUGGIE: Dove?
RUBY: Cavolo, Auggie, non fare tante domande! Muoviti, piuttosto! Sali! Le ho detto che stava per incontrare suo padre.
AUGGIE: Le hai detto...?
RUBY: Non avevo scelta! Se no non avrebbe voluto vedere neanche me.
AUGGIE: Senti, credo sia meglio che fermi la macchina e...
RUBY: Dai, dai, dai, rilàssati. Fammi il favore, rilàssati. Non devi fare nulla. Vieni lì e fai un po' la parte. Non morirai se mi fai un piccolo favore, e poi potresti imparare qualcosa.
AUGGIE: Sì, che cosa?
RUBY: Magari potresti scoprire che non ti ho detto stronzate, dolcezza. Scoprire che stavo dicendo la verità.
AUGGIE: Sia chiaro: non ti ho detto che non hai una figlia. Ho solo detto che non è mia figlia.
RUBY: No. Aspetta di vederla, Auggie.
AUGGIE: Che vorresti dire?
RUBY: È il tuo ritratto.
AUGGIE: Ma piantala!
RUBY: No, no. No, no. Fammi parlare. Anzi, voglio dirti anche un'altra cosa: quando l'ho vista...
AUGGIE;: Sta' zitta, fammi il piacere.
RUBY: ... e le ho detto che avrebbe incontrato suo padre, lei proprio... lei stava per sciogliersi. Non mi aveva più parlato da quando è andata via di casa. Non vede l'ora di incontrarti, Auggie.
AUGGIE: Eh, sì. Mi hai portato in un bel quartierino, pieno di gente felice e prosperosa.
RUBY: Tesoro? Felicity? Allora?
FELICITY: Allora cosa?
RUBY: Non dici niente?
FELICITY: Che cosa dovrei dire?
RUBY: Non lo so. Ciao mamma, ciao papà... Cose di questo genere.
FELICITY: Non ho un padre, chiaro? Sono nata l'altra settimana, quando un cane ti si è scopata.
AUGGIE: Dio mio. Mi mancava solo questo.
RUBY: Hai detto che volevi vederlo. Beh, eccolo.
FELICITY: Sì, può darsi che è andata così. Chico mi ha detto di dargli un'occhiata, vedere se potevo spillargli qualche dollaro. Ora l'ho visto, e non mi ha colpito per niente. Sei ricco, signore?
AUGGIE: Come no, sono miliardario. Vado vestito in incognito solo perché mi vergogno di tutti i miei soldi.
RUBY: Tesoro, dai, tesoro, non fare così, ti prego.
FELICITY: Stammi lontana!
RUBY: Stiamo cercando di aiutarti.
FELICITY: Non mi serve il tuo aiuto, ho un uomo che occupa di me. Non si può dire altrettanto di te, occhio di falco.
AUGGIE: Oh, oh! Non parlare in questo modo a tua madre!
FELICITY: Ma veramente vuoi farmi credere che sei andata a letto con questo tipo? Che hai permesso che ti scopasse?
RUBY: Puoi fare quello che vuoi della tua vita. Noi siamo qui per il bambino. Ora perché non ti dai una ripulita per tuo figlio, eh? Prima che sia troppo tardi.
FELICITY: Quale bambino?
RUBY: Il tuo bambino. Il bambino che porti dentro di te.
FELICITY: Non porto più nessun bambino, chiaro? Non ho niente, dentro.
RUBY: Ma che stai dicendo?
FELICITY: Un aborto, stupida. Sono andata ad abortire l'altro ieri. Non c'è più nessun bambino. Ora non mi devi più rompere con queste stronzate! Ciao ciao, bella.
AUGGIE: Dai, andiamo via di qui, ragazza.
FELICITY: Sì, giusto. Fate bene, andatevene. Chico tornerà da un momento all'altro. Io non credo che il tuo fidanzato voglia avere a che fare con Chico. Chico è un vero uomo. Non un minuscolo testa di cazzo che ti sei rimorchiata tra la mondezza. Hai sentito cosa ho detto? Signor papà, ti farà a pezzetti piccoli piccoli. È una promessa. Ti farà sputare il sangue.


PAUL: Stammi a sentire. Circa venticinque anni fa, un giovane andò a sciare, da solo sulle Alpi. Viene giù una valanga, e la neve inghiotte il ragazzo. Il suo corpo non fu mai ritrovato.
RASHID: Fine.
PAUL: No, no, no. Non è finito. È l'inizio.
RASHID: Ah.
PAUL: Suo figlio era appena un bambino all'epoca, ma gli anni passano, e anche il bambino diventa uno sciatore. E così, un giorno dello scorso inverno si allontana da solo, vuole andare a farsi una discesa. Arriva più o meno a metà percorso. Si ferma a mangiare qualcosa, vicino a una grande roccia. Proprio mentre sta aprendo il suo panino al formaggio, guarda in basso, e vede un corpo. Un corpo, lì ai suoi piedi, avvolto nel ghiaccio. Si china, per osservare più da vicino. Di colpo, ha la sensazione di guardare in uno specchio. In realtà sta guardando se stesso. Lì c'è lui, morto, e il corpo è perfettamente intatto, congelato in un blocco di ghiaccio, come se qualcuno lo avesse voluto preservare in quel preciso istante. Si avvicina ancora. Si mette carponi. Lo guarda. Fissa l'uomo morto dritto in faccia. E allora capisce che sta guardando suo padre. E la cosa assurda è che il padre, ora, è più giovane del figlio. Il bambino è diventato un uomo, e ormai è più vecchio di suo padre. Cosa farai oggi?
RASHID: Non lo so. Leggerò, credo. Disegnerò un po', se sarò dell'umore. Ma stanotte voglio festeggiare, assolutamente.
PAUL: Festeggiare cosa?
RASHID: Il mio compleanno. Ho compiuto 17 anni da 47 minuti esatti. Chi arriva così in là merita un festeggiamento.
PAUL: Buon compleanno!


PAUL: Oh. Gesù!
RASHID: Eh, eh!
APRIL LEE: Mi sembrava di averla riconosciuta. Lei è Paul Benjamin, lo scrittore, vero?
PAUL: Lo confesso.
APRIL: Aspetto da tempo il suo nuovo romanzo. Ha qualcosa in cantiere?
PAUL: Beh, io...
RASHID: Come no, sta già un pezzo avanti. Di questo passo finirà... finirà entro l'estate.
APRIL: Meraviglioso.
RASHID: Ah, mi scuso, non avrei voluto dirglielo all'ultimo momento, ma il signor Benjamin e io andremo a una festa stasera, e saremmo veramente lieti se lei volesse accompagnarci. Vero, signor Benjamin?
PAUL: Sì. Ne saremmo onorati.
APRIL: Cosa si festeggia?
RASHID: È il mio compleanno.
APRIL: Il tuo compleanno? E quante persone sono state invitate a questa festa?
RASHID: Beh, veramente non la chiamerei proprio "festa". È più che altro una cena, per festeggiare il mio compleanno. La lista degli invitati è piuttosto ristretta, per ora siamo solo il signor Benjamin e io. Se lei accetta saremo in tre.
APRIL: Hm, capisco. Una cenetta intima. Non è un numero un po' imbarazzante il tre? Come si dice: "due sono pochi, tre sono troppi".
RASHID: Tre sono troppi. Sì, me ne rendo conto, sì. Ma devo assolutamente tenere d'occhio il signor Benjamin, dovunque vada. Devo tenerlo d'occhio che non si metta nei guai.
APRIL: Ah, cosa sei, il suo guardiano?
RASHID: Veramente, sono suo padre.
APRIL: Ah, ah, ah, ah!
PAUL: E sì! La gente presume che sia io il padre. È una deduzione logica, dato che mi vede più grande di lui di qualche anno. Ma in effetti è vero esattamente il contrario: lui è il padre, e io il figlio.
APRIL: Ah, ah, ah, ah!


PAUL: Auggie!
VIOLET SANCHEZ DE JALAPENO: Ehi!
AUGGIE: Ehi! Amico! Mi fa piacere vederti!
PAUL: Auggie, April Lee. April Lee, saluta Auggie Wren.
AUGGIE: Molto lieto, April Lee.
APRIL: Molto piacere.
AUGGIE: Lietissimo di fare la sua conoscenza.
APRIL: Anch'io.
AUGGIE: E questa bella signorina è Violet Sanchez de Jalapeno!
VIOLET: Aaah, ah, ah, ah!
AUGGIE: Il peperoncino più piccante di tutto Rio Grande!
VIOLET: Ciao, Violet.
AUGGIE: Tutto bene, tesoro?
VIOLET: Altro che, Augusto! Anche tu però a fuoco non scherzi, eh? È timido, diventa rosso, eh, eh!
AUGGIE: Che ci fate voialtri in una bettola come questa?
PAUL: È il compleanno di Rashid, oggi, e pensavamo di fare un po' di baldoria.
AUGGIE: Quanti anni hai, ragazzo?
RASHID: Diciassette.
VIOLET: Ah!
AUGGIE: Diciassette? Oh, oh, oh!
VIOLET: Ah, ah, ah, ah, ah!
AUGGIE: Mi ricordo quando avevo diciassette anni. Bla bla bla, bla bla bla.
VIOLET: Ah, ah, ah!
AUGGIE: Cristo, io mi ricordo. Quando avevo... quando io avevo diciassette anni, ero un vero figlio di puttana.
VIOLET: È tutto matto!
AUGGIE: Sei così, figliolo? Sei un ragazzo tutto matto?
RASHID: Irrimediabile. Direi che ci hai preso in pieno.
AUGGIE: Bene! Continua così! Forse un giorno diventerai un grand'uomo come me!
VIOLET: Eh, sì, sì, sì! Che ragazzaccio! Ciao.
PAUL: Auggie, stavo pensando: ti servirà un aiuto in negozio, per l'estate, ora che Vinnie se n'è andato.
AUGGIE: Aiuto? Cos'hai in mente?
PAUL: Stavo pensando al ragazzo. Sono sicuro che funzionerebbe.
AUGGIE: Ehi, ragazzo! Ti va di lavorare? La tua agenzia di collocamento ha detto che stai cercando lavoro nella vendita al dettaglio.
RASHID: Un lavoro? Decisamente non volterei le spalle a un lavoro.
AUGGIE: Fai un salto al negozio di sigari domani mattina. Vieni alle dieci e ne parliamo, okay? Vedremo cosa si può fare.
RASHID: Domani mattina alle dieci.
VIOLET: Bravo! E a me che mi dai?
PAUL: Ti sono debitore.
VIOLET: Andiamo!
PAUL: Non dimenticare.
VIOLET: Ciao!


PAUL: È il 1942. È bloccato a Leningrado, durante l'assedio. Sto parlando di uno dei momenti peggiori della storia dell'umanità. Cinquemila persone morirono in quel posto. E c'è Bakhtin, in un appartamento, che aspetta di essere ucciso da un giorno all'altro. È pieno di tabacco, ma non ha le cartine, e allora prende le pagine di un manoscritto a cui lavorava da dieci anni. Dieci anni. E le strappa.
RASHID: Era...
PAUL: Così, per farsi una sigaretta.
RASHID: Era l'unica copia?
PAUL: Era l'unica copia. Insomma, se stai per morire cos'è più importante? Un buon libro o una buona fumata? Così aspira e sbuffa, aspira e sbuffa. Poco alla volta, si fuma il libro.
RASHID: Bella prova. Per un momento ci sono anche caduto. Nessuno scrittore farebbe mai una cosa del genere, no?
PAUL: Non ci credi? Bene, d'accordo, ti faccio vedere. È tutto in questo libro. E questo cos'è?
RASHID: Non lo so.
PAUL È tuo.
RASHID: Sì, può essere.
PAUL: Tieni, prendi.
RASHID: Ehi!
PAUL Allora, adesso mi stai dicendo che... che... che non era affatto così.
RASHID: Non proprio. Cioè... cioè, ci sono delle altre cose che non ti ho detto.
PAUL: Non avevi visto cosa è successo. Loro hanno buttato il pacco per terra e tu lo hai... lo hai raccolto.
RASHID: L'ho raccolto.
PAUL: E hai cominciato a correre.
RASHID: Ho cominciato a correre.
PAUL: Bella pensata.
RASHID: È andata così. Non ci ho pensato, l'ho fatto. L'ho fatto e basta.
PAUL: Certo che hai proprio un'abilità unica nel ficcarti nei guai. Beh, comunque, quanto c'è?
RASHID: Seimila dollari.
PAUL: Quanto?
RASHID: Cinquemila ottocento quaranta dollari.
PAUL: Quindi: tu hai rapinato i rapinatori, e i rapinatori ti stanno cercando.
RASHID: Per riassumere, sì.
PAUL: Sì. Beh, sai, devi essere pazzo da legare per fare quello che hai fatto. Vuoi la mia opinione? Riporta i soldi al Rettile, ridaglieli sùbito, e digli che ti dispiace.
RASHID: Non ridarò mai questi soldi indietro! Questi soldi sono miei ora!
PAUL: Ti farà un sacco di carezze quando il Rettile ti trova.
RASHID: Questi soldi sono tutto il mio futuro.
PAUL: Con un atteggiamento del genere tu non avrai nessun futuro. Diciassette anni sono un'età assurda per morire. È questo che vuoi?


AUGGIE: Ba-ba-ba-du-ba, ba-ba-ba-du. Torno fra un'ora. Tieni d'occhio la cassa mentre non ci sono.
RASHID: Certo, a più tardi. Gesù, Cristo.
AUGGIE: Sarà anche illegale, ma è difficile scoprire un crimine se non c'è una vittima, giusto? Non è stato fatto del male a nessuno.
I AVVOCATO: Dev'essere il genere di discorsi che si facevano all'epoca del Proibizionismo.
II AVVOCATO: Eh, già.
AUGGIE: Molto movimento mentre non c'ero?
RASHID: Un po', non molto.
AUGGIE: Passate di qua, signori. Ritiriamoci nel mio ufficio. Cosa succede qui? Guarda, si è allagato tutto! Porca troia vacca!


PAUL: Il ragazzo è dispiaciuto, Auggie.
AUGGIE: Sì? Beh, lo sono anch'io. Tre anni per mettere insieme quei cinquemila dollari. Non ho più un soldo. Posso pagare appena questa birra. Per non parlare della mia credibilità, che è distrutta. Capisci quello che dico? La credibilità. Quindi sono dispiaciuto anch'io. Dispiaciuto come non sono mai stato nella mia vita del cazzo.
PAUL: Il ragazzo ti deve dire una cosa, Auggie.
AUGGIE: Se deve dirmi qualcosa perché non me la dice lui stesso?
RASHID: È per te.
AUGGIE: Per me? Cosa dovrei farci con una busta di carta?
RASHID: Aprila.
AUGGIE: Cos'è, uno scherzo?
RASHID: No, sono cinquemila dollari.
AUGGIE: Non li voglio i tuoi soldi, sciagura vagante. Tanto comunque saranno rubati.
RASHID: Cosa ti importa da dove vengono? Sono tuoi.
AUGGIE: E perché vuoi darmi dei soldi?
RASHID: Per riavere il lavoro.
AUGGIE: Sei uno scemo, uno stronzo del cazzo, lo sai?
PAUL: Non fare lo stupido, Auggie, sta cercando di fare pace con te, non capisci?
AUGGIE: Hm. È scemo.
PAUL: No, non lui. Tu sei scemo.
AUGGIE: Hai ragione. Solo che non sapevo che tu lo sapessi.
PAUL: Non sapevi che lo sapessi? È scritto dappertutto, a caratteri... a caratteri cubitali. Ora di' qualcosa di gentile a Rashid, per farlo stare meglio.
AUGGIE: Fanculo, ragazzino.
RASHID: Fanculo anche tu, bianco figlio di puttana.
PAUL: Bene. Bene. Tutto a posto.


CHARLES "RETTILE" CLEMM: È lei il signor Benjamin? Signor Benjamin, suppongo.
ROGER GOODWIN: C'è un problema di sicurezza in questo palazzo, lo sai? La serratura della porta di sotto è rotta.
RETTILE: Non è una buona idea, di questi tempi. Non si sa mai che razza di gentaccia gira per strada. Bisogna essere prudenti.
PAUL: Farò in modo che domattina il padrone di casa la controlli.
GOODWIN: Eh, sì, fallo, perché non vuoi qualche spiacevole sorpresa, giusto?
PAUL: Con chi ho il piacere di parlare, adesso?
RETTILE: Eh, eh, eh! Piacere? No, piacere no, non lo chiamerei proprio "piacere", spiritoso. Questa qui è una cosa di affari.
PAUL: Non importa. Comunque so chi sei.
RETTILE: Oh.
PAUL: Tu sei il Rettile, vero?
RETTILE: Il cosa?
GOODWIN: Nessuno! Nessuno! Nessuno si permette di chiamare Charles così! Mi hai capito?
PAUL: Ho capito.
RETTILE: Ora tu ci aiuterai a cercare una certa persona, eh? Ci aiuterai! Tu ce lo farai trovare! Dov'è Tommy?
PAUL: Chi?
RETTILE: Tommy, amico. Tommy Cole.
PAUL: Tommy non è qui.


AUGGIE: Se succede, succede. Se non succede, non succede. Capisci quello che voglio dire? Non si sa mai cosa sta per succedere. Quando credi di saperlo, beh, quello è proprio il momento che non sai niente. È quello che si dice un paradosso. Mi segui?
JIMMY: Sì, ti seguo, Auggie. Ehm... quando non sai niente sei in Paradiso. Lo so cos'è. È dopo che sei morto vai in... in Paradiso e ti metti seduto con gli angeli.
AUGGIE: Gesù!
PAUL: Ciao, Auggie. Ciao, Jimmy.
AUGGIE: Sei un casino, amico mio.
PAUL: Se non fosse arrivata la polizia non sarei qui a raccontarla.
AUGGIE: Ah, ah, ti hanno proprio conciato per le feste.
PAUL: Per una volta in vita mia ho avuto la bocca tappata.
AUGGIE: Ah, ah, ah!
PAUL: E non è soltanto un modo di dire. No! Jimmy, no.
JIMMY: Ti fa male?
AUGGIE: Certo che gli fa male. Che è, non lo vedi?
JIMMY: Credevo che faceva per finta.
PAUL: Hai visto Rashid?
AUGGIE: Neanche l'ombra.
PAUL: Due giorni fa ho parlato con sua zia, ma neanche lei l'ha visto. Comincio a essere un po' preoccupato.
AUGGIE: Potrebbe essere un buon segno, invece. Potrebbe darsi che se n'è andato.
PAUL: Forse sì, forse no. Tanto, non c'è modo di saperlo, hm?


AUGGIE: Così rinunci e te ne torni a casa.
RUBY: Che scelta ho? Hai visto, no?, me l'ha sbattuto in faccia che non mi vuole fra i piedi.
AUGGIE: Prova un po' a scriverle.
RUBY: Sì, certo, per fare che? Ormai il bambino non c'è più. La vita è sua, quello che fa sono affari suoi.
AUGGIE: È una ragazzina, avrà tempo a fare figli, quando sarà più grande.
RUBY: Oddio, Auggie, continua a sognare. Se va avanti così non arriva nemmeno a 19 anni.
AUGGIE: Perché non la porti in uno di quei posti per disintossicarsi?
RUBY: Non riuscirò mai a convincerla. E poi, lo sai, ci vogliono i soldi. Ed è proprio una di quelle cose che io non ho. Sono a secco.
AUGGIE: E invece no.
RUBY: E già. E che racconto balle? Sono a secco, ti dico! Non ho un centesimo! Non ho i soldi neanche per la benzina! Ah!
AUGGIE: Ti ricordi quell'affare di cui ti avevo parlato? Beh, il rimorchiatore è tornato. Sono carico.
RUBY: Beh, buon per te.
AUGGIE: No, buon per te.
RUBY: Eh, eh, eh! Che cos'è?
AUGGIE: Perché non lo apri e non lo vedi da sola?
RUBY: Oh. Cristo, ma è piena di soldi!
AUGGIE: Cinquemila dollari.
RUBY: Per me?
AUGGIE: Sono per te, tesoro.
RUBY: Proprio miei.
AUGGIE: Proprio tuoi.
RUBY: Dio! Oh, signore! Oh, dio! Oh! Sei un angelo! Lo sai? Sei un angelo! Un angelo!
AUGGIE: Oh, piantala con questa stronzata dell'angelo. Prendi i soldi, Ruby!
RUBY: Oh!
AUGGIE: Niente schiamazzi, okay? Non sopporto la gente che piagnucola.
RUBY: Va bene, no. Scusa, scusa, scusa.
AUGGIE: Voglio sapere solo una cosa.
RUBY: Che? Qualsiasi cosa, dimmi.
AUGGIE: Felicity. Non è mia figlia, vero?
RUBY: E... Non lo so. Sì, insomma... potrebbe essere, ma anche non essere. A conti fatti, diciamo che hai il 50% di probabilità. Dipende da te, Auggie.


4. Cyrus
AUGGIE: Polizia, sezione scomparsi, sergente Basettoni. Beh, non mi dire. Topolino è vivo.


RASHID: Ehi! Che... che ci fate voi qui di domenica?
DOREEN: Abbiamo deciso di fare un picnic. Vuoi venire con noi?
RASHID: Sì, certo. Un secondo e arrivo.
DOREEN: Okay.
CYRUS: Andiamo.
RASHID: Oddio!
CYRUS: Salve.
RASHID: No, ci penso io!
PAUL: Ciao, ragazzo.
RASHID: Wow, ti hanno fatto proprio un bel lavoro.
AUGGIE: Salve.
PAUL: È per documentarmi. Sto scrivendo una scena nel romanzo, in cui parlo di spese mediche, detraibili dalle tasse al 100%.
AUGGIE: Vallo a dire al servizio riscossione tributi.
CYRUS: Ah, sono amici tuoi? Credevo fossero clienti.
AUGGIE: Sì, siamo amici suoi, ma siamo anche clienti.
CYRUS: Ah, sì?
PAUL: Siamo venuti a consegnare della biancheria pulita.
RASHID: No, no, è tutto a posto. Sono amici davvero.
CYRUS: Cyrus Cole.
AUGGIE: Augustus Wren, piacere.
CYRUS: Piacere mio.
PAUL: Paul Benjamin.
CYRUS: Eh, strano. Si chiama come te.
RASHID: Beh, anche tu e Junior avete lo stesso nome, no?
CYRUS: Eh, sì, ma lui è mio figlio. Insomma, il sangue del mio sangue. Tu hai il suo nome, non siete neanche dello stesso colore.
RASHID: Ci siamo conosciuti proprio al Club Internazionale della Gente che ha lo Stesso Nome. Che tu ci creda o no, ci sono 846 Paul Benjamin in America, ma soltanto due nell'area di New York, è per questo che siamo diventati molto amici. Siamo gli unici due che vanno alle riunioni.
AUGGIE: Condisci troppo, ragazzo. Perché non semplifichi e gli dici chi sei veramente?
CYRUS: Ma che succede?
PAUL: Forse dovresti chiederlo a lui.
AUGGIE: Dai, Rashid, vuota il sacco.
DOREEN: Rashid?
PAUL: Qualche volta. È il suo nome di battaglia.
CYRUS: Non capisco di che state parlando. Mi aiuti?
AUGGIE: Forza. Il tuo vero nome. Quello sul certificato di nascita.
RASHID: Thomas.
CYRUS: Paul, Rashid, Thomas... qual è quello buono?
RASHID: Thomas.
CYRUS: Thomas.
AUGGIE: Forza, forza, pappamolle! Dillo tutto! Per intero. Nome e cognome, diglieli.
RASHID: Che cambia?
PAUL: Se non cambia niente perché non lo dici?
RASHID: Sentite, volevo dirglielo al momento giusto. Al momento giusto!
AUGGIE: Non c'è un momento migliore di questo, amico.
CYRUS: Beh, ti sto ascoltando.
RASHID: Thomas Cole. Mi chiamo Thomas Jefferson Cole.
CYRUS: Mi prendi per il culo? Mi stai... mi stai sfottendo? Mi stai sfottendo? Non permetterò che... un vermiciattolo venga qui a prendermi in giro! Mi prendi in giro?
DOREEN: Cyrus!
RASHID: Che ti piaccia o no...
CYRUS: Mi prendi in giro?
RASHID: Che ti piaccia o no, mi chiamo Cole, proprio come te.
PAUL: Ora chiedigli chi era sua madre.
CYRUS: Non mi piace. Non mi piace per niente. Vai di sopra. Prepara il picnic, va bene?
RASHID: Louisa Vail.
CYRUS: Sta' zitto!
RASHID: Te la ricordi?
CYRUS: Sta' zitto! Chiudi quella bocca del cazzo!
DOREEN: Ehi! Ehi!
AUGGIE: Auh!
PAUL: Auh!
DOREEN: Non lo toccare! Non mettetegli le mani addosso!
RASHID: Aaah!
CYRUS: Sei un bugiardo! Sei un bugiardo!
DOREEN: Smettetela, voi due!
CYRUS: Bugiardo!
DOREEN: Smettetela! Smettetela! Smettetela! È tuo figlio, dannazione! Tuo figlio!
CYRUS: Sei un bugiardo! Sei un bugiardo!
DOREEN: Smettila! Il tuo figlio di merda!
CYRUS: Bugiardo! Bugiardo!
DOREEN: Basta! Basta!
CYRUS: Bugiardo!
DOREEN: Càlmati, Cyrus, càlmati!


PAUL: Ne vuoi?
CYRUS: No, grazie. Vuoi uno dei miei?


5. Auggie
TOMMY: Sì, te lo dico io.
JERRY: Te lo dice lui.
TOMMY: Fìdati. Ci sarà un'altra guerra.
JERRY: Aaah!
TOMMY: Sì, quei signorini del Pentagono sono disoccupati se non si fanno un nuovo nemico...
JERRY: Ma che ne sai?
TOMMY: ... e hanno inventato Saddam, lo spauracchio. Gli andranno addosso con tutto l'arsenale. Ricordatevi queste parole.
AUGGIE: Come va?
PAUL: Eh. Ciao, Auggie.
AUGGIE: Due?
PAUL: No. Ah... dammene uno.
AUGGIE: Di solito ne prendi due.
PAUL: Lo so. Sto cercando di smettere. Qualcuno si preoccupa per la mia salute.
AUGGIE: Allora, come va il lavoro, maestro?
PAUL: Bene! Giusto un paio di giorni fa mi è arrivata una telefonata dal New York Times. Mi hanno chiesto di scrivere una storia di Natale. Intendono pubblicarla il giorno di Natale.
AUGGIE: È la tua occasione, amico! Quello che ti ci voleva!
PAUL: Sì, magnifico. Solo che devo tirar fuori qualcosa in quattro giorni, e non ho un'idea. Tu non conosci qualche storia di Natale?
AUGGIE: Storie di Natale? Certo! Ne so a tonnellate.
PAUL: Ah! Ce n'hai una buona?
AUGGIE: Una buona? Come no! Vuoi scherzare? Facciamo così: pagami il pranzo e ti regalo la più bella storia di Natale che tu abbia mai sentito, che ne dici? E ti garantisco che è vera ogni parola.


PAUL: Allora. Sei pronto?
AUGGIE: Pronto. Quando vuoi.
PAUL: Sono tutt'orecchie.
AUGGIE: Mi ricordo quella volta che mi hai chiesto come ho iniziato a fare le foto. Beh, questa è la storia della mia prima macchina fotografica. Veramente, prima e unica. Mi segui fin qui?
PAUL: Parola per parola.
AUGGIE: Dunque. Ecco come sono andate le cose. Okay. Era l'estate del '76, all'epoca del mio primo lavoro per Vinnie, l'estate del Bicentenario. Una mattina al negozio un ragazzo cominciò a rubare delle cose. Stava giù, alla scansia dei tascabili, e si infilava le riviste porno sotto la maglietta. Non l'ho visto sùbito, c'era gente intorno al bancone, ma come me ne sono accorto, ho iniziato a strillare. Lui è scappato come un coniglio, shhh! E quando sono uscito fuori dal bancone, aveva già le chiappe sulla Settima Strada. L'ho rincorso per circa un isolato, poi ho lasciato stare. Gli era caduta qualcosa mentre scappava. E... dato che non me la sentivo più di correre, l'ho raccolta, per vedere cosa fosse. Era il suo portafogli. Non c'erano soldi dentro, ma c'era la sua patente, e altre tre o quattro fotografie. Avrei potuto farlo arrestare, certo, c'era nome e indirizzo sulla patente, ma sai, mi dispiaceva. Era solo un teppistello. E una volta viste quelle foto nel portafogli, non ce l'ho più fatta ad essere veramente arrabbiato con lui. Roger Goodwin. Si chiamava così. In una di quelle foto, mi ricordo, stava in braccio alla madre. In un'altra aveva un trofeo in mano, della scuola, e rideva, felice, come se avesse vinto alla lotteria. Proprio non me la sentivo. Un povero ragazzo di Brooklin. Non era una cosa grave. Tanto chi se ne importa di un paio di giornaletti porno? E così, mi sono tenuto il portafogli. Ehm... ogni volta che sentivo il bisogno di riportarglielo, io rimandavo, e non l'ho mai fatto. Finché arriva Natale, e io non ho niente da fare. Vinnie voleva invitarmi, ma la madre si era ammalata, e lui e la moglie erano corsi a Miami, all'ultimo minuto. Quindi me ne stavo a casa mia, quella mattina. Mi sentivo un po' solo. Quando l'occhio va sul portafogli di Roger Goodwin. Mi sono detto: "che diavolo, perché non faccio qualcosa di buono? Mi infilo il cappotto e gli riporto il portafogli". Abitava dalle parti di Boerum Hill, nelle case popolari. Mi ricordo che faceva un freddo cane, quel giorno. Mi sono perso molte volte prima di trovarlo. Le case sono tutte uguali, laggiù. Giri nello stesso punto e credi di stare da un'altra parte. Comunque, alla fine arrivo al palazzo che cercavo, alla casa che cercavo, e suono il campanello. Non succede niente. Penso che non ci sia nessuno. Suono di nuovo, per esserne sicuro. Ormai sto per andarmene; aspetto un altro po', e sento trafficare dietro la porta. E una voce di vecchia chiede: "Chi è?". E io dico: "Sto cercando Roger Goodwin". "Sei tu, Roger?", mi dice. E dà quindici mandate per aprire la porta. Avrà avuto almeno 80 anni, se non addirittura 90! E la prima cosa che noto di lei è che è cieca. "Lo sapevo che saresti venuto, Roger", dice. "Lo sapevo che non avresti dimenticato nonna Ethel a Natale". E poi apre le braccia, e mi si avvicina per abbracciarmi. Non ho tempo per riflettere, capisci? Devo dire qualcosa in fretta. E prima che realizzo ciò che sta accadendo, le parole mi escono dalla bocca. "Proprio così, nonna Ethel", dissi, "sono tornato a trovarti per Natale". Non mi chiedere perché l'ho detto. Non ne ho la minima idea. Mi è uscito così. D'improvviso la signora comincia ad abbracciarmi, davanti alla porta, e anch'io l'abbraccio. Era come se tutti e due avessimo deciso di giocare questo gioco senza doverne stabilire le regole. Sapeva benissimo che non ero il nipote. Era vecchia e debole, ma non così andata da non saper distinguere un perfetto sconosciuto ad uno di famiglia. Fu felice di fare come se fosse vero. E dato che non avevo di meglio da fare, fui contento di assecondarla. Insomma, entrammo in casa e passammo la giornata insieme, e quando mi chiedeva quello che facevo, io le mentivo. Le raccontai che avevo trovato lavoro in una tabaccheria, le dissi che stavo per sposarmi, inventai centinaia di storie, e lei faceva finta di credere a ogni cosa. "Ma bene, Roger", diceva, muovendo il capo e sorridendo, "ho sempre saputo che ti sarebbe andata bene". Mah. Dopo un po', cominciai ad avere fame, e siccome in casa non c'era niente da mangiare, andai a cercare un negozio lì vicino, e tornai su carico di roba. Pollo arrosto, zuppa di verdure, patate bollite, insomma un mucchio di roba. Nonna Ethel aveva un paio di bottiglie nascoste in camera da letto, eh, eh, eh! E così fra tutti e due riuscimmo a mettere su una discreta cena di Natale. Eravamo tutti e due un po' brilli, mi ricordo, e dopo pranzo andammo a metterci di là, nel soggiorno, dove si stava seduti più comodi. Dovevo fare pipì, così a un certo punto ho chiesto scusa e sono andato al bagno, in fondo al corridoio. E qui la cosa prende un'altra piega. Era già stato stravagante giocare al nipote di nonna Ethel, ma quello che feci poi fu decisamente folle, e non me lo sono mai perdonato da allora. Entro nel bagno, e accatastate contro il muro vicino alla doccia, vedo una pila di sei o sette macchine fotografiche, del tutto nuove. Macchinette trentacinque millimetri, ancora nella scatola. Non avevo mai scattato una foto in vita mia, e tantomeno avevo mai rubato. Ma come vidi quella pila di macchinette abbandonate nel bagno, decisi che ne volevo una tutta per me. Una come quelle. E senza pensarci un istante, ne prendo una, me la metto sotto il braccio, apro la porta del bagno e torno nel soggiorno. Non ci ho messo più di tre minuti, ma nel frattempo nonna Ethel si era addormentata. Troppo Chianti, immagino. Andai in cucina, a lavare i piatti, e in mezzo a quel fracasso lei dormiva come una bambina. Non c'era motivo di disturbarla, quindi decisi di andarmene. Non potei lasciarle neanche un biglietto di saluto, dato che era cieca. Me ne andai e basta. Misi il portafogli del nipote sul tavolo. Ripresi la macchinetta e lasciai l'appartamento. Fine della storia.
PAUL: L'hai più rivista?  Sei mai tornato a trovarla?
AUGGIE: Una volta, tre o quattro mesi dopo. Io stavo malissimo per il furto della macchinetta, non l'avevo neanche usata. Finalmente decisi di riportarla, ma nonna Ethel lì non c'era più. Qualcun altro viveva in quell'appartamento, e non sapeva dove fosse finita.
PAUL: Probabilmente era morta.
AUGGIE: Sì, probabilmente.
PAUL: Il che vuol dire che ha passato il suo ultimo Natale con te.
AUGGIE: Forse sì. Non ci avevo mai pensato.
PAUL: È stata una buona azione, Auggie. Hai fatto una bella cosa per lei.
AUGGIE: Le ho mentito, le ho rubato un oggetto, e tu la chiami una buona azione?
PAUL: Beh, l'hai fatta felice. La macchinetta era sicuramente... rubata, non l'hai tolta al... al proprietario.
AUGGIE: Qualsiasi cosa nel nome dell'arte, eh?
PAUL: No, non è proprio così. In fondo ne hai fatto un buon uso.
AUGGIE: E tu ora hai la tua storia di Natale, no?
PAUL: Sì, immagino di sì. Il raccontare è un vero talento, Auggie. Per fare una bella storia devi sapere quali bottoni spingere. Tu sei al pari dei maestri.
AUGGIE: Che vuoi dire?
PAUL: Voglio dire che è una bella storia.
AUGGIE: Cazzo, se non confidi i tuoi segreti agli amici, allora che amico sei?
PAUL: Giusto. Non varrebbe la pena di vivere altrimenti, no? "Il racconto di Natale di Auggie Wren", scritto da Paul Benjamin.

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(2009)